2012, L’ULTIMA ODISSEA UNA NAVICELLA PRIVATA IN VIAGGIO NELLO SPAZIO
«Dragone in orbita». Forse un giorno questo annuncio in tre parole su Twitter verrà ricordato come l’apertura di un nuovo capitolo dell’odissea umana nello spazio. L’equivalente del «piccolo passo per un uomo, grande passo per l’umanità » dell’astronauta Neil Armstrong quando calpestò il suolo lunare il 21 luglio 1969. Dragone, è il nome della navicella spaziale che in queste ore sta velocemente avvicinandosi alla stazione orbitale internazionale. L’ha proiettata in cielo il missile SpaceX Falcon 9 dalla base di lancio di Cape Canaveral.
C’è una differenza fondamentale rispetto alle centinaia di lanci precedenti, avvenuti da quella base a partire dagli anni Sessanta sotto la gestione della Nasa e della U. S. Air Force. Il Dragone messo in orbita è di proprietà privata, così come sono capitali privati ad avere finanziato questo lancio. Anche se alla fine il carico che trasporta – circa mezza tonnellata di approvvigionamenti per gli astronauti in orbita – verrà consegnato agli attuali inquilini della stazione spaziale tuttora gestita dalla Nasa, in collaborazione con altre agenzie di Stato (europea, russa). Insomma Dragon è un “corriere espresso” molto particolare, una sorta di FedEx o Ups o Dhl che gestisce per conto terzi le consegne dalla stratosfera in poi. Se il suo primo pacco di posta prioritaria verrà depositato puntualmente a destinazione – l’arrivo è atteso questo venerdì – riceveremo altri messaggi esultanti via Twitter. L’autore è un pioniere dei trasporti privati nello spazio, il miliardario americano Elon Musk, proprietario di Dragon e della società SpaceX. E’ un ex enfant prodige della Silicon Valley, fondatore della Paypal (popolare sistema di pagamento su Internet) che vendette nel 2002 a eBay per 1,5 miliardi di dollari. Ora Musk fa parte della schiera di imprenditori interessati alla “privatizzazione dello spazio”. Un business che gli stessi governi considerano come un’opzione inevitabile.
L’Amministrazione Obama ha salutato con entusiasmo l’avvenuto lancio del Dragone. «Rappresenta potenzialmente l’inizio di una nuova èra nelle missioni spaziali americane», ha dichiarato John Holdren, consigliere del presidente per la scienza e la tecnologia. Per la Casa Bianca l’interesse è evidente: in fase di rigore nella spesa pubblica, i tagli ai fondi Nasa impongono di concentrare gli sforzi federali su pochi progetti di punta come le missioni “umane”. Di qui l’utilità di trovare degli appaltatori privati per i mestieri più umili. Musk non si offende se viene descritto in questi termini, anzi. Fu lui a precisare il suo ruolo in termini prosaici: «Noi facciamo i camionisti dello spazio, non la Formula Uno». Per l’immaginario degli americani c’è un’altra metafora che funziona: l’èra delle grandi scoperte fu inaugurata da missioni di Stato come quella di Cristoforo Colombo, poi arrivarono cow boy e coloni a “occupare” privatamente il nuovo spazio conquistato. Dietro Musk c’è una lunga fila di imprenditori interessati a questo business, a volte con ambizioni più estreme: Richard Branson (Virgin), Paul Allen (Microsoft), Jeff Bezos (Amazon), più la “cordata” della Silicon Valley che finanzia il regista James Cameron nel progetto di ricerca di minerali rari sugli asteroidi.
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