Wall Street Journal e destre attaccano: si è arreso alla Cgil
«Sia più responsabile», replica seccata la ministra. Anche il premier Monti quasi perde il celebrato aplomb: «Il reintegro per i licenziamenti economici infondati è solo una possibilità che il giudice valuta esclusivamente nei casi di manifesta insussistenza del motivo del licenziamento», replica seccato al Wall Street Journal che lo attacca. E spiega come meglio non si può il nucleo sostanziale della riforma: «Per il motivo economico non è più previsto il reintegro. Solo nel caso che il motivo economico sia considerato manifestamente insussistente il giudice può, non ‘deve’, come chiedevano il Pd e certi sindacati, decidere per il reintegro». Ergo, il Pd e «certi sindacati», leggasi Cgil, non hanno per niente «vinto». Come invece sostengono.
E come ha scritto, come fatto imperdonabile, appunto il Wall Street Journal, «ritirando le lodi» espresse fin qui: «Monti è stato scelto per recuperare l’Italia dalla soglia di un abisso greco. La riforma del lavoro è una resa a coloro che la stanno portando laggiù». Più che un’analisi economica, un avviso a mezzo stampa al governo. Che per la prima volta fa i conti con le critiche degli ambienti finanziari che fin qui gli hanno assicurato il vento in poppa.
Così riprendono fiato anche le sfiatatissime destre, e persino Fli, che chiedono qualche «migliorìa» da sbandierare nella campagna delle amministrative di maggio: per non fare anche loro la figura di quelli che si sono «arresi» a Pd e Cgil. L’iter del ddl inizia mercoledì mattina al senato, in commissione lavoro. Relatori, Maurizio Castro (Pdl) e Tiziano Treu (Pd). Si procede a tappe forzate per tentare l’approvazione prima del voto.
Ma la strada si è complicata non per problemi di sostanza – l’accordo ha già ricevuto il via libera del trio di leader ABC, Alfano Bersani Casini – quanto per l’inevitabile scontro delle opposte propagande. Per Pietro Ichino, montiano di ferro, gli imprenditori dovrebbero apprezzare, «sei mesi fa una riforma così era impensabile». Per Treu «il testo è stato migliorato grazie ai sindacati». Ma per la Fiom il testo è irricevibile, per Vendola è «uno sfregio ai diritti», e la Federazione della sinistra ha già indetto una manifestazione per il 12 maggio. Ironizza Osvaldo Napoli, Pdl: «Camusso sostiene di aver salvato l’obbligo di reintegro per i casi infondati di licenziamento economico. Spiega Monti che Pd e sindacato non hanno capito. Uno dei due non ha capito o, uno dei due, non ha spiegato con chiarezza all’altro. E questo è uno dei nodi destinato ad allungare pericolosamente i tempi di approvazione della riforma». Replica Casini, il più vicino a Monti fra i tre leader della maggioranza: «Il parlamento potrà fare modifiche. Ma un’intesa c’è stata e le persone d’onore come noi non possono venire meno». Quindi poche chiacchiere: la riforma «è un buon compromesso», gli industriali ingrati ricordino «ciò che il governo ha fatto sulla previdenza». Il bicchiere è mezzo pieno. Per molto meno, lo ricordo alla presidente di Confindustria, Cofferati portò in piazza tre milioni di persone». Casini lo ricorda a Marcegaglia. Ma fatalmente anche a Camusso.
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