Una guerra a bassa intensità in nome della «santa proprietà »
Scritto all’indomani del licenziamento di 61 lavoratori della Fiat (9 ottobre 1979), e di quello di altri 14.469 avvenuto esattamente un anno dopo, questo libro ripubblicato da Ediesse (con un prologo di Andrea Lassandari e una postfazione di Federico Martelloni, pp. 171, euro 12) racconta il rovesciamento dell’egemonia del sindacato nelle fabbriche, il desiderio di legge e ordine presente nel Paese, oltre che nel diritto del lavoro; la vicenda di un sindacato messo alle strette dall’offensiva della Fiat che formulò, dapprima confusamente poi in maniera stringente, un teorema. Il licenziamento dei 61, sospettati di essere fiancheggiatori del terrorismo che aveva colpito l’azienda nei mesi precedenti, diventò il preludio per la condanna del ruolo del sindacato a cui venne addebitata la responsabilità dell’«ingovernabilità » degli stabilimenti.
In poco tempo fu accertata la loro estraneità dalle accuse e fu chiaro che la Fiat li aveva colpiti perchè erano lavoratori «scomodi» non perché «sabotatori» o «violenti». Ciò che in realtà si voleva colpire, e divenne realtà nel corso degli anni Ottanta e Novanta, era l’idea che il sindacato potesse aspirare al ruolo di agente della trasformazione della condizione della forza lavoro. Ghezzi descrive chirurgicamente, esponendo i fatti senza edulcorarli, il modo in cui è stato costretto a separarsi dai «valori della conflittualità », cedendo al «potere padronale» una funzione politica che aveva ricoperto dalle sconfitte degli anni Cinquanta.
Da allora, ha scritto Umberto Romagnoli, «la conflittualità sindacale – quella che storicamente aveva funzionato da fattore di accelerazione del progresso, anche giuridico – pare come trattenuta dal timore di essere fraintesa e criminalizzata». Parole che non possono passare inosservate oggi, nel momento in cui la Fiat ha scelto di superare la linea d’ombra e cerca di liquidare il ruolo del sindacato come soggetto della contrattazione.
Nel libro di Ghezzi vengono inoltre descritti i primi segnali della fine dell’unità sindacale, oltre che la perdita di significato dell’identità dei delegati nei luoghi di lavoro. La data-simbolo del 1980, la «marcia dei quarantamila», i licenziamenti sono esplicativi di un dato oggi apparentemente incontrovertibile: il lavoro è governato in maniera unilaterale dall’impresa. In questa strategia assai complessa, dove è chiara anche la trasformazione dell’impresa industriale in una rete esternalizzata e delocalizzata, gli scritti di Lassandari e Martelloni rintracciano la continuità nell’azione trentennale della Fiat, «capitalista collettivo» che ha trovato una sintesi nella svolta «finanziaria», duramente anti-sindacale (cioè anti-Fiom), impartita da Sergio Marchionne. L’«era dopo Cristo» è iniziata trent’anni fa.
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