Una Buona Idea da New York: Aprire una Biblioteca condominiale
Una follia? Non proprio, forse anche i costruttori hanno capito una cosa semplice, ormai sperimentata ovunque: che il luogo della pubblica lettura è uno spazio capace di proporre occasioni di incontro, di scambio, di condivisione, di conoscenza reciproca. Il libro come pretesto, attorno al quale si formano comunità di persone non per forza fanatiche della letteratura, ma bisognose di incontro, di accoglienza, di assistenza.
Indubbiamente, il condominio è un microcosmo che concentra in sé i caratteri che in esteso si ritrovano in un quartiere o in una città : dalle differenze etniche all’anonimato delle relazioni. Si sa che spesso ogni famiglia vive nel suo bunker privato di cinquanta o cento metri quadrati senza neanche conoscere il vicino di pianerottolo. Con le biblioteche condominiali ci sarebbe anche un mutuo vantaggio: per i proprietari ricchi di volumi (non avrebbero più l’esigenza di dotarsi di locali ad hoc nel loro appartamento) e per gli altri che si gioverebbero del prestito. È probabilmente in tale prospettiva che gli architetti americani prevedono una sorta di «salotto» in comune dove i condomini possono trovarsi, rilassarsi, chiacchierare, leggere e bere qualcosa in compagnia.
In fondo è questo, sempre più, lo scopo delle living library, istituzioni molto diffuse in Danimarca, in Finlandia o in Gran Bretagna e divenute punti di incontro per gruppi di cittadini che hanno esigenze culturali ma soprattutto sociali. È una novità che prende piede anche in Italia, specie nei piccoli centri, dove la biblioteca di paese è vissuta come vero e proprio ente di welfare. In un recente pamphlet, la studiosa Antonella Agnoli spiegava ai sindaci italiani perché è socialmente (e economicamente) vantaggioso investire in biblioteche pubbliche. Chissà come reagirebbero gli amministratori di fronte alla richiesta di dedicare un’assemblea condominiale all’acquisto di romanzi per la sala di lettura.
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