Un socialista all’Eliseo Torna il panico fra i ricchi L’ultimo presidente della Gauche

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PARIGI — Franà§ois Hollande si è costruito la personalità  politica guardando a due figure, Jacques Delors e Franà§ois Mitterrand. Ma non è certo al primo che può ispirarsi per conquistare l’Eliseo, visto che nel 1995 l’allora presidente della Commissione Europea rinunciò — in modo clamoroso — a candidarsi lasciando via libera all’uomo della destra Jacques Chirac.
È quindi Franà§ois Mitterrand — l’unico presidente di sinistra della V Repubblica — il modello dichiarato, che Hollande cita di continuo e di cui imita persino i movimenti delle braccia, quando parla dietro al podio durante i comizi. E come Mitterrand nel 1981, Hollande oggi fa paura ai ricchi, o almeno a una loro parte non irrilevante. «Non possiamo lasciare che Hollande metta la Francia in ginocchio», ha ripetuto ancora ieri Sarkozy, calcando su un tema che da mesi accompagna la vita politica francese. 
Il primo a evocare scenari di crollo economico e povertà  diffusa per colpa di Hollande è stato con la consueta franchezza, nel febbraio scorso, Serge Dassault, padrone del Figaro e soprattutto del grande gruppo aereonautico che costruisce gli aerei da combattimento Rafale e Mirage. «Gli imprenditori che non sono già  scappati dalla Francia per colpa della patrimoniale lo faranno per colpa di Hollande — disse Dassault a un dibattito del partito di maggioranza Ump —. Quelli che producono crescita e posti di lavoro non sono certo i poveri. Quindi i ricchi vanno bene, sono utili, meglio tenerseli». 
Nella primavera del 1981, l’altro momento della storia recente francese in cui la presa del potere da parte della sinistra sembrava possibile, i compagni di partito di Valéry Giscard d’Estaing parlavano di «soviet nelle fabbriche e collettivizzazione forzata». Michel Poniatowski, ministro dell’Interno nel primo governo di Raymond Barre, annunciava i «carri russi in Place de la Concorde». I cosacchi non fecero abbeverare i loro cavalli sulla Senna, eppure alla vigilia della vittoria di Mitterrand si scatenò il panico. Il 13 e il 14 maggio, pochi giorni prima del secondo turno del 21 maggio, la Borsa di Parigi crollò del 13,9 e poi del 9,5 per cento. 
Racconta l’avvocato svizzero Douglas Hornung, allora trentenne: «Attraversavano la frontiera presi dal terrore, tanti francesi sicuri che Mitterrand avrebbe vinto e confiscato le loro ricchezze. Arrivavano con valigie ma anche sacchi di spazzatura pieni di soldi, perché erano fuggiti di corsa». Per le banche svizzere, una manna insperata. L’istituto francese Paribas pensò di fondare una sede a Ginevra per mettere in salvo il grosso della sua fortuna, ma quando la notizia venne alla luce il presidente Pierre Moussa fu costretto alle dimissioni. Tra i tanti imprenditori impauriti c’era Bernard Arnault, che si rifugiò per tre anni in Florida. Oggi, a capo del colosso del lusso Lvmh, è l’uomo più ricco di Francia e d’Europa. 
Certo, allora facevano paura Mitterrand e ancora di più il suo alleato comunista Georges Marchais, che ottenne quattro ministri nel governo. I tempi sono cambiati e Jean-Luc Mélenchon non è comunista, ma la ministra Nadine Morano, fedelissima sarkozysta, non esita a raccontare di quel dibattito in cui dal pubblico si è alzato un signore originario della Germania dell’Est: «Chi vuole votare Hollande o Mélenchon venga da me che gli spiego qualcosa, io che i disastri del socialismo li ho vissuti». Sembra uno scherzo, ma come la Mini e il Maggiolone torna di moda pure la Guerra fredda.


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