by Editore | 27 Aprile 2012 8:21
La Fiom ha il diritto di fare attività sindacale in Fiat anche se non ha firmato i contratti capestro di Sergio Marchionne. Dovrebbe essere ovvio e invece, come tutti sanno, non è così. Per aggirare l’ostacolo e per cercare di riportare il problema al centro anche della discussione parlamentare – e non solo davanti alla fabbriche dove la Fiom non perde occasione di manifestare fuori dai cancelli – i senatori del Pd Paolo Nerozzi e Achille Passoni hanno presentato in commissione al Senato un apposito emendamento al ddl sul mercato del lavoro. Per intenderci, si tratta di una proposta di modifica nell’ambito della legge che fra le altre cose depotenzia il celeberrimo articolo 18. I due senatori Democratici propongono che anche i sindacati che non hanno firmato un contratto possano invece nominare le proprie rappresentanze sindacali all’interno delle aziende.
L’esclusione della Fiom da parte della Fiat è una decisione politica oltre che aziendale che lede un evidente principio di democrazia e che di fatto ha rotto una prassi di buon senso. Ma l’azienda diretta da Marchionne ha potuto farlo perché il suo gesto antisindacale ha trovato una base giuridica che ne ha coperto l’illegittimità di fatto. La norma che regola la rappresentanza sindacale in questi casi è l’articolo 19 dello statuto dei lavoratori il quale, fino a metà anni Novanta, consentiva l’attività sindacale anche a quei sindacati che non avevano firmato i contratti ma erano rappresentati a livello nazionale.
«Nel 1996 – spiega Paolo Nerozzi – con un referendum voluto soprattutto dai Radicali, la rappresentanza è stata limitata solo ai sindacati che firmano i contratti ed è stata abrogata quella parte della norma che faceva riferimento alla più generale rappresentanza di quella sigla sindacale a livello nazionale». La proposta dei due senatori Pd, invece, chiede che nell’ambito delle imprese con più di 15 dipendenti «i lavoratori abbiano diritto a costituire in ciascuna unità produttiva rappresentanze sindacali aziendali, le quali possono essere costituite su iniziativa dei lavoratori nell’ambito delle associazioni sindacali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale», oppure nell’ambito delle «associazioni sindacali non affiliate alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali».
Inoltre l’emendamento prevede che «nelle imprese con più unità produttive le associazioni sindacali possono costituire organismi di coordinamento tra le rispettive rappresentanze in ogni unità produttiva».
«Noi avevamo già presentato un analogo disegno di legge su questa materia – spiega Paolo Nerozzi – firmato anche da altri parlamentari, adesso in più abbiamo deciso di ripresentare queste proposte con un emendamento al ddl lavoro. Si tratta di riaprire la discussione senza lasciare alibi a nessuno, per questo ci siamo anche richiamati all’accordo del luglio scorso tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, che – per quanto discutibile per molti versi – su questo punto permetterebbe di risolvere la questione. E’ un problema da tenere sempre presente, non può essere dimenticato, e quando da un po’ non se ne parla va risollevato. E’ in gioco la democrazia nei luoghi di lavoro».
Piuttosto soddisfatto il commento del segretario della Fiom Maurizio Landini: «Lo considero un atto di civiltà , non in difesa della Fiom, ma a tutela del diritto costituzionale dei lavoratori a scegliere liberamente il sindacato che li rappresenti». Detto questo, Maurizio Landini è ben lontano dall’accontentarsi di questa ipotesi di aggiustamento di una legge che giudica pessima. «Rimane il giudizio fortemente negativo sulla cosiddetta riforma del mercato del lavoro che intacca pesantemente l’articolo 18, diminuisce le tutele e non riduce la precarietà ».
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