Ucciso durante l’arresto, sotto accusa 4 agenti

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MILANO – Era già  immobilizzato a terra e non poteva più reagire, Michele Ferrulli. Anzi, riverso sull’asfalto di via Varsavia, periferia est di Milano, invocava aiuto mentre i poliziotti continuavano a colpirlo, finché il suo cuore non ha ceduto. Ora, dopo quasi un anno d’indagine, il pm Gaetano Ruta ha notificato ai quattro poliziotti intervenuti la notte dello scorso 30 giugno, l’avviso di chiusura delle indagini per la morte dell’uomo, 51enne, facchino con qualche piccolo precedente penale. Ora i quattro – tra i 30 e i 34 anni, in servizio al commissariato Mecenate – dovranno rispondere di omicidio colposo e falso ideologico. Perché non solo «con negligenza, imprudenza e imperizia, consistite nell’ingaggiare una colluttazione eccedendo i limiti del legittimo intervento, cagionavano la morte dell’uomo», ma «attestavano il falso» nella relazione di servizio.
In quella via di periferia le volanti erano arrivate dopo la chiamata di un residente che lamentava grida e schiamazzi. I quattro agenti scrivono di essersi trovati di fronte a tre uomini, Ferrulli e i suoi due amici romeni, «alterati, palesemente ubriachi, ancora intenti a bere». Ferrulli, scrivono, «assume un atteggiamento ostile» con «insulti e minacce», «cercando in più occasioni di ridurre la distanza di sicurezza con gli operatori». Poi, «improvvisamente e senza apparente giustificazione cerca di colpire alle spalle» un poliziotto, ne nasce una colluttazione, finché «la perdita di equilibrio di tutto il gruppo fa cadere rovinosamente a terra Ferrulli e tutti gli agenti». Nel verbale, non si parla di colpi sul corpo «prono a terra». Si è cercato, assicurano i poliziotti, una volta «assicurato, di riportarlo in una posizione più comoda per lui per avvicinarlo all’auto».
Tutte circostanze «false», secondo l’accusa. Nello scrupoloso lavoro della procura – il pm aveva chiesto la proroga delle indagini proprio per verificare con una perizia il nesso di causalità  tra le condotte degli agenti e il decesso – viene contestato agli agenti di aver «ecceduto i limiti del legittimo intervento». Concorrendo «a determinare il decesso» dell’uomo, per «le percosse» e i colpi con «corpi contundenti» quando la vittima «era immobilizzata a terra in posizione prona, non era in grado di reagire ed invocava aiuto». Per la procura, la morte è avvenuta per cedimento del cuore dovuto allo «stress emotivo del contenimento e alle percosse» a seguito di una «tempesta emotiva», espressione già  usata per il decesso di Giuseppe Uva, morto a Varese dopo ore nella caserma dei carabinieri. Ora, con la chiusura delle indagini, la procura avanzerà  la richiesta di giudizio per gli agenti.
Da subito, la famiglia di Ferrulli aveva accusato esplicitamente la polizia. La procura aveva acquisito il video girato da una rom, in cui erano ripresi i poliziotti che continuavano a colpire Ferrulli quando era a terra, con un oggetto che sembra un manganello. «Una decisione importante – commenta Fabio Anselmo, legale della famiglia Ferrulli e difensore di altre vittime delle forze dell’ordine come Stefano Cucchi e dello stesso Uva – . Ci sarà  un processo per rendere giustizia a un uomo che non era violento ma ha subito violenza». «È un passo grande verso la speranza – dice in lacrime Domenica Ferrulli, figlia di Michele – . Il rischio era che tutto venisse seppellito insieme a mio padre. Non ci siamo arresi e abbiamo ottenuto almeno un processo».


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