Tutti sono con Draghi: la crescita è di rigore

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Dietro ci sono l’effetto Hollande, la preoccupazione costante dell’amministrazione Obama e un’economia reale che va male. Non poco, dunque, perché il presidente della Bce Mario Draghi tiri un po’ le orecchie ai governi dell’Unione europea sugli eccessi del rigore. Draghi non rinnega che questa sia la strada maestra, ma forse per la prima volta sottolinea che l’obiettivo della «crescita», per la quale rilancia l’idea di un patto, vada cercato in modo diverso. Solo dopo aver ricevuto applausi opposti e sospetti di Angela Merkel e di Franà§ois Hollande (oltre al silenzio di Mario Monti) rettifica: ha parlato di «patto per la crescita», ma «non ha cambiato il suo messaggio» ed è rimasto «coerente con il messaggio tradizionale della Bce», spiega un portavoce dell’Eurotower, precisando ancora che il presidente della Bce ha auspicato riforme strutturali nella zona euro, come una flessibilità  aumentata del mercato del lavoro, per migliorare la competitività  degli Stati, e non un rilancio attraverso la spesa pubblica.
Ma torniamo alle parole ufficiali di Draghi davanti all’Europarlamento a Straburgo. «Un consolidamento fiscale attuato solo attraverso l’aumento delle tasse è sicuramente recessivo», ha detto il presidente della Bce, aggiungendo che «idealmente dovrebbe essere fatto sulla base di una riduzione delle spese correnti, in particolare di quelle più improduttive, e non sulla riduzione della spesa per investimenti. Ma purtroppo in situazioni di urgenza è più facile ridurre la spesa in conto capitale che le spese correnti». Il messaggio è per tutti ma suona innanzitutto per Mario Monti, per una questione di comune passaporto e delle elevata criticità  della situazione italiana. Il quale però non replica, fermo alle parole pronunciate a Roma prima di quelle di Draghi, sulla linea di sempre: «Il rigore porterà  gradualmente a una crescita sostenibile e al lavoro», sottolineando che per uscire dalla crisi «non esistono facili vie o scorciatoie». Insomma, una giornata particolare, in cui si parla anche di contatti tra Roma e Berlino per lanciare insieme dai due governi più rigoristi una iniziativa per la crescita, come sollecitata anche dal presidente Giorgio Napolitano.
Draghi ha comunque insistito sulla necessità  di riforme strutturali, anche se «lo sviluppo non viene solo dalle riforme strutturali, ma anche dalla domanda globale che è rimasta abbastanza solida: infatti il nostro export sta aumentando e anche quello dell’area euro». Il presidente della Bce non nasconde le tensioni persistenti: i dati macroeconomici più recenti sono «ambigui» e segnalano «incertezza» per le prospettive economiche dell’area euro. E dunque non è tempo di «exit strategy», anche se il programma della Bce di acquisto dei bond governativi «non è eterno né infinito». 
Prima delle correzione di rotta del portavoce dell’Eurotower, Draghi riceve gli applausi di Merkel e del candidato socialista all’Eliseo. Segno che la sua coperta è troppo lunga, oppure che qualcuno bara. Da Berlino interviene prima il portavoce del governo tedesco che a sorpresa mette insieme la crescita «invocata da Giorgio Napolitano e Mario Draghi»: «Una crescita sostenibile, non una crescita ottenuta con programmi che aumentino i debiti», dice Steffen Seibert. Poi Merkel passa e chiude: «Abbiamo bisogno di crescita come dice Mario Draghi, che passi attraverso le riforme strutturali», specificando di avere «bisogno di crescita, crescita basata su iniziative permanenti, non solo su programmi di congiuntura».
Da Parigi, Hollande cerca alleati: «Anche il presidente della Bce, Mario Draghi, ha detto che il Patto di bilancio Ue (Fiscal compact) deve essere completato da un patto di crescita». Come dire, per Hollande la posizione di Draghi conferma che le sue promesse sulla rinegoziazione del patto di bilancio sono giuste.


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