Troppi debiti, suicida un altro imprenditore

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ROMA – Si è sparato al torace con la sua doppietta, nell’ufficio della piccola azienda di infissi e lavori in alluminio, ormai in fallimento che gestiva da vent’anni. A trovare il cadavere è stato un dei due figli, un ragazzo di 20 anni che lavorava nella ditta come tutta la famiglia. «Chiedo perdono per quello che ho fatto… La situazione economica e lavorativa ormai è insostenibile» ha scritto Mario Frasacco, 59 anni, nella sua lettera di addio prima di appoggiare le due canne del fucile al petto e premere il grilletto. Quello dell’imprenditore è il secondo suicidio provocato dalla crisi economica nella capitale in sole 48 ore. Lunedì scorso, a Centocelle, Pasqualino Clotilde, 57 anni, si era impiccato nella sua bottega corniciaio, a Centocelle «Problemi economici insormontabili» aveva spiegato in un biglietto. Immediate le reazioni di tutte le parti politiche: per il prossimo 18 aprile la Federlazio ha organizzato una fiaccolata davanti al Pantheon.
La tragedia si è consumata poco dopo le 15, nell’ufficio ricavato in un capannone dove si trova la sede dell’azienda, in via del Cottanello 13, alle estreme propaggini di Pietralata. La “Cpa” (Centro Produzione Alluminio) srl risulta fondata nel 91 ed è la classica ditta a gestione familiare: amministratore unico la moglie dell’uomo, quote divise tra i due figli maschi di 19 e 13 anni e la figlia di 30, sei dipendenti fissi e due saltuari. La crisi è arrivata negli ultimi mesi, con i guadagni in calo costante, i bilanci in rosso, i creditori sempre più insistenti. L’imprenditore aveva dovuto chiedere la cassa integrazione per tre dipendenti ma neanche questa misura estrema era valsa a salvare l’azienda che, nel gennaio scorso, aveva dichiarato fallimento. Una situazione che Frasacco sembrava sopportare con grande dignità . Nessuno, nella cerchia dei suoi amici e dei collaboratori più stretti, aveva percepito la profondità  della sua disperazione. Moglie e figli, chiusi nel loro strazio, non parlano. «Aveva un debito con la Gerit (la società  di riscossione tributi, ndr) che da 50 mila euro era arrivato a 200 mila – dice la titolare del bar che l’uomo frequentava abitualmente – ma non sembrava molto preoccupato». «L’unico segno di tensione era che fumava moltissimo» aggiunge un amico. La sede dell’impresa, all’inizio, era sulla Casilina ma agli inizi del 2000 Frasacco si era diviso dal suo socio storico e si era trasferito a Pietralata. 
Ieri pomeriggio, Mario Frasacco ha aspettato di restare solo in ufficio per togliersi la vita. Con estrema determinazione, l’uomo ha scritto la sua lettera d’addio, ha caricato l’arma e si è sparato. Morte istantanea. Il cadavere, sbalzato a terra dalla rosa di pallettoni, è stato scoperto dal figlio ventenne che ha chiamato immediatamente il 118 ma, quando l’ambulanza è piombata in via del Cottanello, per lo sventurato imprenditore non c’era più niente da fare. Sul posto sono arrivati gli agenti del commissariato di Sant’Ippolito anche se l’inchiesta della polizia sembra destinata a chiudersi nel giro di poche ore. Nessun dubbio sul fatto che si sia trattato di un gesto di disperazione e sembra anche accertato che l’uomo non si sia mai rivolto agli usurai: una delle tante, drammatiche, storie, di aziende semi artigianali strangolate dalla crisi e dalla concorrenza asiatica low cost.
«Questa crisi sta ammazzando tutti e Monti si porterà  i morti sulla coscienza – sbotta un amico della vittima – Mario non ha retto al peso di dover mandare in cassa integrazione tre operai, ci conoscevamo da una vita e non riesco a crederci». «La crisi economica sta producendo un massacro tra le piccole e medie imprese – commenta il sindaco Gianni Alemanno sul suo blog – bisogna introdurre la possibilità  di compensare tra tasse e pagamenti da parte delle istituzioni pubbliche».


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