Trattato di non proliferazione, una grana nucleare per Tel Aviv

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Jaakko Laajava. Un nome e un cognome finlandesi che non dicono molto. E sarebbero passati del tutto inosservati se non ci fosse stato il forte clamore suscitato dal premio Nobel tedesco Gà¼nter Grass che, in un suo recente poema, ha denunciato la pericolosità  dell’arsenale nucleare israeliano provocando le reazioni irritate dello Stato ebraico. Si parla da anni dei sospetti programmi nucleari iraniani ma il caso Grass ha finito per spostare l’attenzione anche sulle armi atomiche di cui è in possesso Israele (in segreto, ma tutti ne sono a conoscenza). Così le agenzie di stampa e i media locali si sono improvvisamente interessati alla visita segreta che Jaakko Laajava, sottosegretario agli affari esteri della Finlandia, ha fatto la scorsa settimana a Gerusalemme allo scopo di parlare del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) con Jeremy Issacharoff, direttore generale del ministero degli esteri israeliano, e diversi rappresentanti del Consiglio per la Sicurezza Nazionale e della Commissione per l’Energia Atomica. Un’attenzione che ha costretto le autorità  israeliane ad uscire allo scoperto. «Non si è trattato di un incontro segreto ma di routine con il rappresentante finlandese», ha provato a spiegare ieri Yigal Palmor, il portavoce del ministero degli esteri israeliano. Pochi gli hanno creduto. Sul tavolo dei colloqui c’era una questione centrale per gli interessi militari israeliani.
Laajava e i suoi interlocutori hanno discusso di un possibile coinvolgimento di Israele alla conferenza sul Tnp – mai firmato dallo Stato ebraico – che si terrà  a fine anno a Helsinki. È nota l’intenzione di diversi paesi arabi e dell’Iran (che invece ha sottoscritto il Tnp, in vigore dal marzo 1970 e al quale aderiscono 189 paesi) di mettere sul tavolo la questione delle testate atomiche (pare 200) che Israele ha nei suoi arsenali, mai ispezionati seriamente dalle autorità  internazionali competenti (Aiea). Israele boicotta sistematicamente questo tipo di incontri – sostiene che solo dopo la pacificazione del Medio oriente si potranno avviare colloqui sul disarmo nucleare – e cerca di allineare le sue posizioni a quelle degli Stati Uniti. Le cose stavolta sono più complicate perché, come ha scritto il quotidiano di Tel Aviv Haaretz, gli Stati Uniti non sono contrari alla conferenza sul disarmo e temono che un suo annullamento indebolisca ulteriormente gli sforzi per promuovere il Tnp, a tutto svantaggio dell’immagine di Barack Obama. 
Issacharoff ha chiesto con forza al finlandese Laajava di rinviare al 2013 la conferenza di Helsinki, di fronte alla instabilità  in Egitto e Siria. Tuttavia per Israele non sarà  facile raggiungere lo scopo perché la scadenza del 2012 venne decisa ufficialmente all’ultima conferenza su disarmo nucleare tenuta a New York nel 2010. Obama è riuscito solo a spostarla a fine anno, quindi a dopo le presidenziali americane. Preme per una soluzione «nuclear free zone» in Medio Oriente anche l’Arabia saudita alleata degli Usa, non tanto per disarmare Israele quanto per contenere le ambizioni atomiche del nemico Iran. 
Il principe Turki al-Faysal, ex ambasciatore saudita a Washington e indicato come futuro ministro degli esteri, è stato chiaro: i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu devono garantire un Medio Oriente senza il nucleare altrimenti partirà  una corsa all’atomica che potrebbe includere oltre all’Arabia Saudita, anche l’Iraq, l’Egitto e la Turchia. Al-Faysal pensa ad uno «scudo di sicurezza nucleare» sotto il controllo del Consiglio di Sicurezza e a «sanzioni militari» per tutti i paesi sospettati di lavorare a un programma nucleare segreto. 
Il bersaglio vero di questa no nukes campaign è il potente vicino iraniano ma riguarda anche Israele che al momento è l’unico paese della regione a possedere ordigni atomici. L’Arabia saudita si è già  da tempo organizzata con l’alleato Pakistan per assistenza e forniture nucleari. L’Egitto sembrava intenzionato a costruire centrali prima della rivoluzione anti-Mubarak dello scorso anno. La Turchia potrebbe optare per la tecnologia russa mentre restano oscuri i programmi dell’Iraq, paese che nel 1981 subì il bombardamento aereo israeliano della sua centrale a Osirak. Attacco che potrebbe ripetersi trent’anni dopo, stavolta contro gli impianti atomici iraniani.


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