Tra governo e Fiom finisce uno a uno Ma il sindacato c’è

Loading

È vero che l’Aermacchi Alenia di Caselle è una fabbrica sui generis; più ingegneri e tecnici che operai, produzione militare e civile d’alto livello, segretezza e controllo capillare. Qui c’è una maggioranza Fiom ben sopra il 50%, le crisi sono sempre state gestite offrendo il massimo delle garanzie (fino al caso «esodati», almeno), a prova di disperazione; l’anima più piazzaiola della categoria non abita certo qui. Ma non era un’assemblea «sovietica» e qualche intemperanza, specie tra i più giovani, ci poteva anche stare.
Invece è andata bene e le tute blu di Landini hanno incassato una riconoscimento politico oggettivamente forte, proprio mentre tutta la stampa era impegnata a dipingerle come estremiste, movimentiste, indisciplinate (rispetto alla Cgil), «a rischio violenza», ecc. Mentre Cisl e Uil ancora spingono per accordi separati e per escluderle dalle fabbriche, come ordinato da Sergio Marchionne. Il nervosismo stizzito di Raffaele Bonanni, Luigi e Angeletti e persino di Susanna Camusso sta lì ad indicare che lo spiazzamento è stato forte. 
È il punto su cui anche il ministro Fornero ha ottenuto un accenno di quel che il governo, dalla sua nascita, cerca: evidenziare la debolezza della rappresentanza sindacale confederale, limitarne il ruolo «politico». In una parola, bypassare il «corpo intermedio» – la rappresentanza «storica» – per tentare il rapporto diretto con «i cittadini». In questo caso i lavoratori. Fa parte integrante di una strategia «antipolitica» dei poteri fortissimi che cerca di stabilire un contatto con l’antipolitica dei ceti bassi, che non si sentono più rappresentati. 
Il paradosso sta nel fatto che, per cercare di raggiungere l’obiettivo, Fornero sia dovuta passare per la più forte rappresentanza diretta del lavoro oggi esistente: la Fiom. Rilanciando involontariamente l’importanza irrinunciabile di una rappresentanza sociale capace di interpretare interessi vivi, a scapito del «mestiere del rappresentante». L’ha spiegato bene, per un capriccio della logica, un esponente della Cisl che protestava fuori: «Il ministro pretende di venire a spiegare ai lavoratori le riforme al nostro posto». C’è insomma un altro «mestiere a rischio». 
La compostezza della platea di Caselle ha mostrato che c’è invece ancora un soggetto sociale – il lavoro dipendente – capace di capire esattamente in quale quadro si sta battendo, e quindi di tenere insieme l’irriducibile difesa del proprio interesse con l’accortezza sulle forme del conflitto. Perché il conflitto è così emerso più chiaramente nel merito che non attraverso una a suo modo classica – e persino meritata – «piazzata» a beneficio delle telecamere.
Questo soggetto ha una rappresentanza vera. Solo per questo riesce in qualche modo a controbattere, a confliggere con interessi opposti. Violentissimi. Qui c’è ancora il fondamento di una democrazia reale.


Related Articles

Sciopero generale, in piazza anche il Pd

Loading

Domani la protesta nazionale indetta dalla Cgil per un cambio di politica economica
Manifestazioni in tutta Italia. Camusso: «Chiamiamo in causa il governo e le imprese»
Domani sciopero generale di 4 ore (ma saranno il doppio per molte categorie): la Cgil torna in piazza per un fisco più equo e perché il lavoro sia la via per la crescita. Il sostegno del Pd e di altre forze dell’ opposizione.

Mps, un salvataggio molto costoso

Loading

BANCHE. Cinque miliardi di prestito (al 4%) di JP Morgan e Mediobanca. Più la cartolarizzazione. «Soccorso senese» con l’intervento da 10 miliardi del fondo Atlante 2. Grazie agli istituti previdenziali

Relazione Inps. Una bomba sociale innescata: lavoratori poveri, pensioni da fame

Loading

Gli effetti delle “riforme” neoliberali del lavoro e delle pensioni iniziate negli anni Novanta nella relazione del presidente dell’Inps Pasquale Tridico. 4,3 milioni hanno meno di 9 euro lordi l’ora, 1 su 3 guadagna meno di mille euro al mese

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment