Tonnellate di greggio nel porto di Taranto «Disastro ecologico»

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TARANTO — La East Castle è ormeggiata a una banchina del terzo sporgente, e l’acqua intorno ha lo stesso colore dell’immenso scafo nero di questo portacontainer con bandiera di Panama arrivato nel porto di Taranto l’altra notte per caricare rotoli di lamiera dell’Ilva. In realtà  l’acqua nemmeno si vede: la copre uno spesso strato di greggio. 
Ne sono finite in mare quindici tonnellate, forse venti, perché a bordo del mercantile qualcuno ha sbagliato una manovra, e invece di aprire le valvole dell’acqua per svuotare le sentine, ha aperto quelle del carburante. Quando ieri mattina è scattato l’allarme e sono intervenuti i primi mezzi della Capitaneria e della Ecotaras (società  specializzata in operazioni di bonifica marina), la macchia di greggio aveva invaso il mar Grande per circa un chilometro quadrato, e forse è stato anche grazie alla brezza marina (che soffia verso terra) se non si è estesa ulteriormente. È invece sicuro che a evitare il disastro ambientale è stata la rapidità  degli interventi. Quando sono scattati i soccorsi nessuno sapeva quanto greggio stesse venendo fuori dalla pancia del portacontainer. Anzi, all’inizio si temeva ci fosse una falla, ed è stato un sollievo scoprire che tutto era dipeso dalla distrazione di qualche marinaio. Distrazione gravissima, intendiamoci, ma con una falla le cose si sarebbero messe molto peggio. Invece in poche ore lo specchio d’acqua invaso dal petrolio è stato circoscritto con specifiche barriere e i tecnici hanno cominciato le operazioni di pompaggio. Entro oggi potrebbero portare a termine il lavoro.
Disastro ecologico limitato, quindi, come si affretta a far sapere la Capitaneria e sottolinea anche l’assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro, che parla di «rischio scongiurato grazie alla tempestività  degli interventi». Il reale bilancio dei danni però lo sapremo nei prossimi giorni, quando i tecnici dell’Agenzia per l’ambiente completeranno gli esami sui campioni d’acqua prelevati ieri. E comunque la questione della sicurezza ambientale si ripropone pesantemente. La solleva il leader dei Verdi Angelo Bonelli, che a Taranto è candidato sindaco. «Basta con una così alta concentrazione di attività  inquinanti in quest’area», dice dopo aver fatto un giro in gommone fino al limite delle barriere che circondano l’area inquinata. Legambiente invece lancia un allarme: «L’Italia rischia molto — avverte il presidente Sebastiano Venneri — perché è uno dei Paesi del Mediterraneo più esposti al pericolo di sversamento di carburante in mare, ma il servizio di prevenzione e pronto intervento garantito dal ministero dell’Ambiente, già  per il prossimo anno non ha la copertura finanziaria sufficiente». Una situazione che fa dire alla responsabile della campagna mare di Greenpeace, Giorgia Monti, che «stiamo scherzando col fuoco: diminuire le risorse destinate a prevenire l’impatto dei disastri petroliferi è un errore strategico che non ci possiamo permettere».
La East Castle rimarrà  ormeggiata su disposizione della Capitaneria fino a quando non sarà  portata a termine l’indagine per stabilire se e quali responsabilità  dovranno essere contestate all’equipaggio del cargo. Che non ha una storia felicissima: nel febbraio del 2010, quando si chiamava ancora Ameglia Star, affondò all’imboccatura del canale di Tripoli con un carico di quasi diecimila tonnellate di marmo. Fu ripescata e cambiò nome e armatore. Ma a quanto pare nemmeno questo ha portato bene.


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