Tim Berners-Lee: gli Stati mettono in pericolo la Rete

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Il programma, elaborato al Cern di Ginevra dove Berners-Lee lavorato, consentita di individuare un sito attraverso e di memorizzare i passaggi da un indirizzo all’altro per tornare, eventualmente, al punto di partenza. Il programma-progetto è stato chiamato World Wide Web.Ma Berners-Lee è un personaggio schivo, che non ama la ribalta. Ha preso la parola poche volte, preferendo sempre uno stile dialogico, mai apodittico. Il suo libro sul futuro del web, pubblicato in Italia da Feltrinelli, prefigurava molte cose che poi sono divenute realtà  (il web 2.0, ad esempio) senza enfasi, anzi sottolineando sempre sia le potenzialità  della Rete, ma anche i pericoli di una completa digitalizzazione della vita sociale. 
E ieri il quotidiano inglese «The Guardian» ha pubblicato una sua lunga intervista. Tim Berners-Lee teme che le leggi che molti stati stanno varando per aumentare gli standard di sicurezza della Rete abbiamo come indesiderabile e pericoloso «effetto collaterale» una perdita di libertà  personale. Il punto di partenza è l’annunciato e poi sospeso progetto di legge del governo conservatore inglese, in base al quale le forze di polizia avrebbero il potere di «mappare» e di controllare i messaggi in Rete alla ricerca di terroristi. Per Berners-Lee sarebbe la fine non della Rete, ma di quella certo contraddittoria e caotica libertà  di espressione che Internet ha garantito. 
Un grido di allarme che è difficile catalogare come l’ennesima «sparata» di qualche guru in cerca delle luci di una ribalta che dimentica spesso i suoi protagonisti. Tim Berners-Lee è, appunto, un ricercatore che non ama il clamore. Quando, in passato, ha sottolineato che la Rete poteva «omogeneizzare» i comportamenti lo ha fatto ricordando che Internet tende sempre a standardizzare programmi, codici di trasmissione, ma se poi la standardizzazione investe i contenuti c’è qualche cosa che nel web non va. E quello che non andava erano i tentativi da parte dei governi di limitare il diritto di accesso alla Rete e la sua neutralità  per creare un habitat favorevole al business. 
Spesso è stato qualificato come un ricercatore «apocalittico» che guarda con orrore ciò che ha contribuito a sviluppare. Giudizio fatto apposta per distogliere l’attenzione da un punto di vista «libero» da condizionamenti.


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