“Temo l’avanzata della destra più xenofoba”
Senatore Morando, una vittoria di Hollande cambierà la politica economica europea o partirà un braccio di ferro con la Merkel dagli effetti imprevedibili?
«Intanto spero che si concretizzerà al secondo turno con un risultato molto netto. Poi certo spero che possa creare le condizioni per un mutamento della politica fiscale dell’Europa, non tanto nel mettere in discussione il rigore, ma nel consentire che vi sia un’iniziativa più forte sul versante del sostegno alla crescita».
Hollande minaccia di bloccare il patto di bilancio europeo se non conterrà misure per lo sviluppo. Avrà il sostegno di Monti in questo suo pressing?
«Lo avrà , io spero, non se si rifiuterà di ratificare il “fiscal compact”, ma se chiederà di rafforzarlo sul lato del sostegno alla crescita e del finanziamento europeo di grandi investimenti in infrastrutture. Mi aspetto dunque che vi sia un’azione della Francia, assieme ad altri Paesi, per completare l’operazione del “fiscal compact” attraverso un nuovo trattato per la crescita».
Un eventuale freno all’au- «Se non si contesterà il rigore, non credo ci saranno sorprese da parte dei mercati, che si preoccupano sia se non c’è rigore nelle politiche di bilancio, sia se facendo solo politiche di rigore si riduce la crescita e si va addirittura in recessione. Se risulterà chiaro che l’orientamento della politica francese cambia, non perché diventa più lassista sul versante della spesa pubblica, ma perché più esigente su quello del sostegno alla crescita attraverso un salto nell’unità politica dell’Europa, ciò non dovrebbe determinare reazioni negative dei mercati».
Quali benefici effetti potranno sortire per la sinistra italiana in questa fase così complessa?
«Il buon risultato di Hollande vuol dire che per il centrosinistra in Europa si riaprono delle possibilità . Ma questo voto francese segnala anche un risultato della destra estrema, xenofoba e antieuropeista molto preoccupante. E mi auguro sia un fenomeno soltanto francese, ma purtroppo non lo credo. Quindi si può riaprire la possibilità di una dimensione europea per il centrosinistra. Dopo la sconfitta spagnola, ammesso che al secondo turno vada bene come tutti ci auguriamo, queste elezioni riaprono una speranza di successo elettorale e di ritorno alla direzione dei Paesi più importanti dopo la terribile gelata degli anni scorsi. E contemporaneamente segnalano però la presenza nell’elettorato europeo di orientamenti esacerbati dalla crisi sociale e di populismo estremista molto pericolosi».
Quali rischi comporta viceversa per il Pd blindarsi neltrincea dell’eurosocialismo?
«Il Pd non è un partito socialista, ma di centrosinistra. Nato per costruire in Italia il partito dei riformisti uniti, che nel nostro paese non c’è mai stato. E la sua cultura politica deve essere in grado di rappresentare la cultura dei “New Dem”, dei Democratici, non quella socialdemocratica. Lo dice un liberalsocialista che tiene molto alla sua cultura. Ma se il Pd si facesse schiacciare come versione italiana dei partiti socialdemocratici europei, perderebbe non solo la sua vocazione maggioritaria, ma anche il suo appeal. In Italia le cose sono andate così alcuni decenni fa: un partito socialista a vocazione maggioritaria noi non siamo stati capaci di costruirlo e non si torna indietro da questo punto di vista».
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