Tecnologia Informatica. Un gioco da ragazze

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Che sia un luogo comune fuori moda, legato più a stereotipi culturali e meno alla realtà , lo dimostrano le “creative tecnologiche” che, non solo emergono in questo settore, ma che sanno sfruttare le proprie competenze tecniche per migliorare la vita degli altri. Tra queste, le studentesse del Mapua Institute of Technology, nelle Filippine, vincitrici del primo premio per l’Innovazione e l’Eccellenza SWEEP2012, per aver inventato un dispositivo che permette di leggere sms in Braille e allo stesso tempo segnala gli ostacoli alla persona che lo indossa. E che dire dell’imprenditrice indiana Madhumita Halder, artista per passione e laureata in IT all’Università  di Mumbai, selezionata dal Grass Hopper Celebration of Women in Computing 2011 per aver ideato Aksharit, il primo gioco di parole disponibile in undici lingue locali e adottato da oltre 2500 scuole?

A combinare creatività  e utilità  sociale delle tecnologie sono anche le italiane Lucia Fornasari, Claudia Porfirione, Carmen Bonuomo, Elena Martiradonna e Maria Costantina Mormando, ambasciatrici dell’E-skills week 2012 (26-30 marzo), promossa dalla Commissione Europea. Safefood è l’invenzione della ricercatrice Fornasari,dell’Università  di Pavia, vincitrice dell’edizione 2011 del Telecom Working Capital. Si tratta di un sensore tascabile che permette una rapida analisi della qualità  degli alimenti, individuando, mediante una singola misurazione, la presenza di agenti contaminanti. Porfirione, neolaureata in Design all’Università  di Genova e recentemente premiata alMilano Creativity Day, ha sviluppato con un team di ingegneri della Scuola di Robotica il progetto RoboAble, rivolto a bambini ospedalizzati: una piattaforma di lavoro open-source e source-in-progress composto da un kit robotico in grado di interagire con computer, proiettori, smartphone e tablet, capaci di riprodurre scenari di gioco interattivi. Il trio Bonuomo – Martiradonna – Mormando, laureande all’Università  di Foggiae vincitrici del primo premio Nokia University Programme 2011, ha progettato E-school, applicazione trasversale che unisce vari attori della vita scolastica con una serie di servizi che permettono di gestire velocemente il calendario, le attività  didattiche e i dati sul gradimento delle materie, offrire allo studente un’agenda digitale, rendere accessibili ai genitori voti e pagelle e coinvolgere gli utenti in una community.

Anche se le donne da tempo hanno fatto il loro ingresso nei laboratori scientifici e informatici, tradizionalmente appannaggio degli uomini, le proporzioni sono ancora molto lontane dalla parità . Per esempio, nell’area OCSE, le donne oggi rappresentano solo il 20 percento degli specialisti TIC. Nelle economie avanzate, l’IT registra addirittura una contrazione dell’occupazione femminile e il resistente soffitto di cristallo mantiene a un misero 11 percento la presenza femminile nei ruoli di pianificazione. Abili nell’utilizzo del computer quanto i coetanei maschi, le ragazze sono ben cinque volte meno inclini a considerare una carriera nel settore. Attitudine che negli Stati Uniti si traduce in una diminuzione della percentuale rosa delle lauree in informatica: dal 37 percento degli anni Ottanta all’attuale 20. Si tratta forse di una diversità  di aspirazioni che, come sostiene la psicologa canadese Susan Pinker, porta donne e uomini a volere dalla vita cose diverse e a far sì che le donne continuino a prediligere certe professioni, nonostante siano più libere di scegliere rispetto al passato? Oppure, le ragioni vanno cercate nella rigida suddivisione dei ruoli in base al sesso, che ancora determina le scelte di vita dei cittadini e delle cittadine del terzo millennio? E cosa dire di una certa mentalità  maschilista, ancora viva in certi contesti culturali, che non vede di buon occhio la donna che si cimenta con oggetti diversi da pentole, spazzole per capelli e scope? E’ anche una questione di discriminazioni sul posto di lavoro e sbarramenti alla carriera?

Secondo Maria Sangiuliano, coordinatrice in Italia dello European Centre for Women and Technology (ECWT) e della campagna e-Skills Week 2012, a tenere le giovani lontane dal mondo delle TIC è innanzitutto la persistenza dello stereotipo della tecnologia come un settore più adatto ai maschi. «Lo dimostrano studi comparativi comeROSE Relevance of Science Education, che rivela notevoli discrepanze di genere nell’atteggiamento dei giovani tra i 14 e 16 anni verso le materie tecnico-scientifiche. Più il paese è ricco più si abbassa la percentuale di ragazze che vogliono diventare scienziate o lavorare con la tecnologia. In Italia, le tendenze internazionali sono confermate da uno studio di Observa, che ha raccolto 1445 questionari tra ragazzi e ragazze del secondo anno di licei e istituti tecnici. In media le ragazze sembrano essere utenti un po’ più attive nell’uso di computer e cellulari, ma i maschi fanno maggiore uso delle tecnologie per informarsi su argomenti scientifici. Inoltre, tra gli stessi adolescenti, è ancora molto diffusa l’opinione secondo cui le femmine sarebbero maggiormente portate allo studio delle materie umanistiche. Inoltre, le metodologie di insegnamento delle materie scientifico-tecnologiche e della matematica giocano senz’altro un ruolo in tutto questo. In uno dei volumetti diffusi con il progetto Pari Opportunità  nei Libri di Testo (POLITE), promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1996, viene suggerito che la prevalenza di un metodo di insegnamento della matematica che ne sottolinea gli aspetti logico-deduttivi ed astratti, piuttosto che quelli induttivi, rischia di penalizzare soprattutto le ragazze».

L’importanza di rinnovare il cuore del sistema scolastico, per avvicinare le ragazze all’IT, è messo in risalto dal rapporto “A bright future in ICT opportunities for a new generation of women” dell’ITU, che nel 2010 ha proclamato il quarto giovedì di aprile Giornata internazionale delle giovani donne nelle TIC. Lo studio raccomanda che conoscenze di settore, scienza e arte siano integrate in curricula che, non solo preparino all’università , ma anche a corsi professionali. Il tradizionale metodo di insegnamento, imperniato di individualismo, dovrebbe essere sostituito con un approccio pratico, lavoro di gruppo e problem solving. Infine, andrebbe sostenuta la formazione continua e gli incubatori di idee.

E’ ampiamente dimostrato che le giovani ragazze tendono a scegliere carriere in cui sentono di poter fare la differenza nella società : settore sanitario, istruzione e medicina. «Anche a fronte di questa realtà , non possiamo ipotizzare un disinteresse delle ragazze al settore – precisa Sangiuliano – è importante lavorare sulle rappresentazioni delle TIC, superando lo stereotipo del ‘nerd’ maschio e secchione che programma codici nell’isolamento del suo garage. La motivazione delle ragazze verso gli studi tecnico-informatici si può stimolare mostrando come questi possano diventare strumenti di miglioramento della vita quotidiana, nei suoi aspetti sociali, medici e ambientali».

A questo scopo contribuisce il portale dell’ITU Girls in ICTs, pensato per aiutare giovani donne tra gli 11 e i 25 anni ad accedere a formazione, opportunità  lavorative e informazioni sulla carriera, in un settore in rapida crescita, assetato di nuovi talenti. Svariati i campi emergenti in cui menti giovani possono dare sfogo alla propria creatività . Tra questi la telemedicina, il cloud computing e la bioingegneria, le applicazioni intelligenti per il settore “green” e della conoscenza.

Incentivare l’occupazione femminile non è solo una questione di uguaglianza di genere, bensì di sviluppo economico vero e proprio. È infatti dimostrato che i paesi dove le risorse vengono distribuite equamente tra uomini e donne fanno meglio di quelli dove c’è maggiore disparità . Per esempio, la limitata opportunità  lavorativa per le donne costa all’economia dell’area Asia-Pacifico, tra i 42 e i 46 miliardi di dollari l’anno. In particolare, incoraggiare le ragazze a intraprendere una formazione nell’area tecnologica e informatica diventa strategico per la sostenibilità  del settore stesso, che tra dieci anni si troverà  con quasi due milioni di unità  di personale in meno rispetto al fabbisogno


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