Tagli e pochi investimenti. I grandi giornali in crisi

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Milano Il prodotto non si vende bene e, nonostante i tagli, i conti non tornano. Ma l’unione fa la forza. Gli editori dei grandi quotidiani italiani, dopo l’ondata degli aumenti dei prezzi di copertina, hanno trovato una nuova tattica difensiva: protestare contro le rassegne stampa online della pubblica amministrazione. Che, a loro avviso, violerebbero il diritto d’autore e toglierebbe copie vendute. I ministri Elsa Fornero, Corrado Passera e Mario Monti, hanno già  oscurato dai siti istituzionali la rassegna, mentre il presidente della Camera, Gianfranco Fini, tiene duro.
PER QUANTO indorate, infatti, le cronache degli ultimi giorni sono impietose: i conti della grande stampa italiana sono sempre più in discesa. Solo colpa della pubblicità  tagliata dalla crisi o carenze di strategia costruttiva da parte degli editori? I giornalisti del Sole24Ore all’assemblea del gruppo della Confindustria, hanno “giudicato grave il continuo avvicendamento ai vertici della società  che dimostra l’incapacità  di chi governa l’azienda di assumere decisioni che abbiano una prospettiva di medio-lungo periodo” e hanno chiesto all’azionista di definire la fisionomia del gruppo. Parole come pietre, per l’ad Donatella Treu che sta “presidiando il mondo digitale”. Il quotidiano nonostante la cura di Roberto Napoletano, non riesce a sfondare quota 266mila copie e il saldo dal cambio di testimone con Gianni Riotta è di meno di 700 copie in più. L’aumento del prezzo a 1,50 euro, che ha dato al Sole il primato di quotidiano più caro d’Italia (non c’è più il Riformista), poi, non ha aiutato le vendite, ma ha sostenuto il fatturato. E intanto Napoletano, durante la guerra di successione in Confindustria, ha incassato prima la nomina a direttore editoriale poi la conferma a direttore responsabile. Proprio mentre, esauriti i tagli, si è passati ai contratti di solidarietà . Ma i conti ancora non tornano: nell’ultimo triennio l’editrice ha perso 100 milioni, 10 dei quali nel 2011.
NON VA meglio al Corriere della Sera e alla Gazzetta. Il salotto buono di Rcs sembra più preoccupato delle lotte di potere che della disaffezione dei lettori. Altrimenti qualcuno si sarebbe accorto che il giornale milanese da gennaio 2011 a gennaio 2012 ha perso 7.904 copie, 5.683 soltanto da settembre in poi, in piena crisi politica ed economica. E non si può dire che i lettori preferiscano distrarsi con lo sport, visto che la Gazzetta a gennaio rifletteva un calo annuo di oltre 30mila copie. Anche qui pesano le scelte dei manager con oltre 20mila copie bruciate dopo l’aumento del prezzo di luglio. L’editrice del Corriere, che ha chiuso il 2011 con una perdita di 322 milioni è ancora a caccia di un ad. E nel frattempo l’azienda galleggia nel limbo, tenendo nel cassetto strategie che di industriale hanno poco: tagli, cessioni di testate ovvero di immobili o di rami aziendali. Ma niente è ancora certo. L’unica novità  di rilievo sul cartaceo è il lancio delle edizioni locali di Bergamo e Brescia del Corriere, tanto care al presidente di Intesa, Giovanni Bazoli, ma comunque partite con circa un anno di ritardo.
IN QUESTO contesto non può che brillare il meno peggio, il Gruppo Espresso. Tanto che la trimestrale del gruppo di Carlo De Benedetti, seppure in calo rispetto all’anno scorso con profitti in contrazione del 23,2% a 10,1 milioni, è stata accolta con favore dal mercato. Lo stesso ingegnere, che dalla sua ha il vantaggio di essere padrone in casa propria, non ha nascosto il tracollo nelle vendite di dvd, libri e cd (-40,9%). Ma non va meglio con i lettori di Repubblica: gennaio ha segnato una perdita di oltre 13mila copie su base annua e la ripresa ingranata a dicembre con l’arrivo del governo Monti è già  stata azzerata. Anche qui non ha aiutato il rincaro varato a inizio anno. E nel dubbio De Benedetti ha annunciato una nuova ondata di tagli. Mani avanti però sui dividendi: nonostante i tempi di magra agli azionisti sarà  distribuita una cedola da 24 milioni, quasi la metà  dei profitti. E pensare che nei migliori manuali di economia si suggerisce invece di investire nei tempi di crisi per non perdere l’occasione del rimbalzo. Per quanto riguarda l’informazione in rete, nessuno degli editori italiani, con qualche eccezione del gruppo De Benedetti, ha ancora capito come monetizzare. Tanto che nel dubbio sull’I-Pad hanno deciso di fare fronte comune per dar vita all’edicola italiana. Già  perché l’unione fa la forza.


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