Super moria di imprese
Ventiseimila imprese in meno nel primo trimestre 2012. A stilare il bilancio drammatico, indotto dalla crisi, è la Unioncamere, nello studio condotto da «Movimprese»: «Il saldo esatto – spiega il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, è pari a -26.090 imprese. Sono praticamente il triplo rispetto ai primi tre mesi del 2011, quando erano mancate all’appello “solo” 9.638 imprese».
La cifra, molto pesante, è il risultato combinato di «meno iscrizioni e più cessazioni – spiegano ancora alla Unioncamere – È così che, nel primo trimestre del 2012, si è allargata la forbice della vitalità delle imprese tra chi sceglie di entrare sul mercato creando una nuova attività (sono stati in 120.278 tra gennaio e marzo) e chi, al contrario, ne è uscito (in tutto, 146.368 imprese). In particolare, rispetto allo stesso periodo del 2011, le iscrizioni sono diminuite di 5 mila unità mentre le cessazioni sono aumentate di ben 12 mila unità ».
«La “macchina del tempo” dell’anagrafe delle imprese riporta le lancette al primo trimestre del 2009, quando si registrò un saldo negativo pari a -30.706 unità , allora risultato della fortissima crisi economico-finanziaria esplosa l’anno precedente. Oggi, la brusca frenata della vitalità imprenditoriale è l’evidente risultato della fase di recessione avviatasi nella seconda metà dello scorso anno e dell’accresciuta e diffusa difficoltà ad entrare nel mercato – continua Unioncamere – I successi del made in Italy nel mondo, da soli, non bastano a sostenere l’occupazione e a ricostruire il benessere andato perso nella crisi di questi anni».
Secondo Unioncamere, «c’è bisogno di politiche di sostegno alle piccole imprese, quella diffusa da cui dipende il destino di milioni di famiglie e di giovani. Oltre a credito e semplificazione, servono azioni straordinarie su fisco e occupazione».
Dati drammatici vengono anche dall’agricoltura: il settore ha perso 13.335 aziende, vale a dire l’1,6% in meno rispetto ai tre mesi precedenti. «Si tratta, in valori assoluti, del saldo negativo più pesante tra i comparti produttivi del Paese – commenta la Cia, confederazione italiana agricoltori – A mettere sotto pressione il mondo agricolo c’è innanzitutto la macchina della burocrazia: non solo costa al settore più di 4 miliardi di euro l’anno (di cui oltre un miliardo addebitabile a ritardi, disservizi e inefficienze della pubblica amministrazione), ma fa perdere a ogni impresa quasi 90 giorni di lavoro l’anno solo per rispondere a tutti gli obblighi fiscali e contributivi».
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