Spunta un «Piano Marshall» per il vertice Ue

by Editore | 30 Aprile 2012 7:10

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BRUXELLES — «Piano Marshall» è frase che fa impressione, per quante memorie storiche risveglia: l’America che risuscitò le economie europee distrutte dalla guerra. Ma anche l’Europa in crisi del 2012, sta forse per inventare un «Piano Marshall» per se stessa, teso a stimolare la crescita, basato sulla mobilitazione di tutte le risorse e soprattutto della Bei, la Banca europea degli investimenti: una forza d’urto da 200 miliardi di euro o più ancora, che coinvolga anche i privati. L’ipotesi, messa nero su bianco dal quotidiano spagnolo «El Pais», sarebbe già  in fase avanzata di studio. Con una scaletta ben precisa: dopo le elezioni francesi, al vertice informale sulla crescita di fine maggio-inizio giugno, o al più tardi a quello già  fissato per fine giugno, la Commissione Europea potrebbe presentare ai 27 leader Ue un vero e proprio pacchetto di misure di emergenza. L’idea sarebbe quella di individuare una serie di «leve» politico-finanziarie che liberino capitali e quindi rovescino sullo sviluppo i loro effetti positivi a cascata. Investimenti che coinvolgano anche privati nelle grandi infrastrutture dei trasporti e delle comunicazioni, nell’energia verde, nell’alta tecnologia. Investimenti mirati allo stimolo della domanda interna e calamitati dai «project bond», le obbligazioni comuni europee, e più o meno direttamente dalle risorse della Bei. 
È proprio la Bei al centro di molte speranze, o preoccupazioni. Ha ancora un rating da «tripla A», ma i suoi prestiti si riducono, secondo alcuni governi non riesce più a fronteggiare un’emergenza così dura. Perciò, è stata lanciata l’idea di rafforzarla subito con 10 miliardi, forniti dagli Stati, che le permetterebbero di aumentare fino a 60 miliardi la sua capacità  di prestito per il 2012: e di conseguenza, si calcola ancora, di far da volano per investimenti sui 180 miliardi. Ma nessun governo è felice di riaprire il borsellino. Ecco così un’altra idea: utilizzare circa 12 miliardi, cioè una parte finora non spesa del Fondo salva-Stati Efsf, come garanzia fornita dalla Bei sui grandi progetti che dovrebbero – ancora una volta – attirare risorse pubbliche e private, per esempio quelle dei fondi-pensione europei. L’obiettivo, in questo caso, sarebbe di raccogliere 200 miliardi.
Bruxelles avrebbe già  fatto circolare queste idee fra i governi. Però una cosa sono le proposte verbali o scritte, un’altra i fatti: dopotutto, degli stessi «project-bond» battezzati in vari modi, sono mesi o anni che si parla. E molto, se non tutto, è legato ora a due fattori: le elezioni presidenziali in Francia, con la possibile o probabile vittoria di quel Franà§ois Hollande che ha scommesso tutta la sua campagna elettorale sul concetto di crescita, più che di austerità ; e la posizione della cancelliera tedesca Angela Merkel, che pur ufficialmente fedele al rigore del «suo» fiscal compact, negli ultimi tempi ha addolcito un po’ i toni. La Commissione Europea avrebbe già  provveduto a fare arrivare le proprie riflessioni al candidato Hollande. Chissà , forse l’«euro-piano Marshall» è già  nel forno.

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