Spot invece dei canti rossi

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Ma da domani tutte le pubblicità  torneranno a invadere il palinsesto della tv satellitare di Chongqing, soppiantando i programmi di «cultura rossa» voluti un anno fa dall’ex segretario del Partito comunista della megalopoli sul fiume Yangtze. Pollice verso invece per i Canti rossi quotidiani, che sono già  stati declassati a settimanali: il loro posto è stato occupato da una fiction di 15 minuti. 
Chongqing, sulla quale il governo ha riversato investimenti miliardari e che per i prossimi dieci anni svolgerà  la funzione di perno dello sviluppo economico delle aree centrali del Paese, ha fretta di lasciarsi alle spalle i revival a base di cori rivoluzionari e cultura maoista promossi da Bo negli uffici pubblici e nei media più allineati al governo. Secondo quanto riferito dal Chongqing daily, negli ultimi giorni una riunione del dipartimento di propaganda ha fissato i nuovi standard: «Il lavoro culturale e di propaganda dell’intera città  deve assolutamente mantenere un alto livello di uniformità  con il Comitato centrale del Partito comunista cinese» ha raccomandato He Shizhong. Per il portavoce della nuova leadership della municipalità , bisogna «ridurre il più possibile le rappresentazioni teatrali collettive ed evitare i metodi di propaganda che si basano sulla partecipazione delle masse». 
Con l’avvicinarsi del XVIII Congresso che, nell’autunno prossimo, sancirà  il passaggio a una nuova generazione di leader rinnovando sette membri su nove del Comitato permanente del politburo (l’organismo a cui Bo aveva dato l’assalto, quello che prende le decisioni più importanti per il Paese), si prova a evitare che la clamorosa rimozione del beniamino della «nuova sinistra» dalla guida della più grande città  della Cina inneschi uno scontro aperto nel Partito. 
Intanto alcuni tra i collaboratori più stretti di Bo sarebbero stati interrogati o arrestati. Tra loro anche il capo del distretto della polizia di Yubei, Wang Pengfei, che avrebbe fornito a Wang Lijung, il super poliziotto braccio destro di Bo Xilai, la vettura per scappare a Chengdu e rifugiarsi al consolato americano. La fuga di Wang nella sede diplomatica Usa è lo scandalo da cui è partito l’intrigo.
E dopo l’annuncio delle autorità  di Londra – che hanno chiesto al governo cinese d’indagare sulla morte, nel novembre scorso, di Neil Heywood, un 41enne uomo d’affari britannico legato da 20 anni alla famiglia di Bo trovato senza vita nella sua stanza d’albergo a Chonqing – i fedelissimi del leader «maoista» hanno denunciato alla Bbc quella che ritengono una «macchinazione politica» contro il loro leader. Heywood era stato dichiarato morto per intossicazione da alcool, ma non era un bevitore: le indiscrezioni che, in mancanza di informazioni ufficiali, proliferano sul «caso Bo», hanno collegato il decesso alla moglie di Bo, Gu Kailai, con la quale il businessman sarebbe stato in rapporti di affari, interrotti poi bruscamente.
Su internet nei giorni scorsi si sono rincorse le voci più fantasiose. È circolata un’email che «svelava» un tentativo di golpe – ovviamente inesistente – con tanto di combattimenti all’interno di Zhongnanhai, la residenza dei leader del Pcc accanto alla Città  proibita. Poi un incidente stradale a Pechino ha scatenato l’immaginazione degli internauti: il guidatore morto è il rampollo di Bo, anzi no il figlio illegittimo di un altro membro del Politburo.
Tutto falso, ma sufficiente per innervosire le autorità , che nelle ultime ore hanno chiuso 16 siti internet e arrestato sei persone accusate di «fabbricare o diffondere online notizie false». Non solo, Sina e Tencent, le due principali piattaforme di weibo (i micro blog cinesi) sono state punite per aver ospitato le voci sull’inesistente colpo di Stato: per 72 ore (fino a martedì prossimo) non potranno più pubblicare commenti ai post. Tra i 500 milioni di utenti dei weibo, c’è chi ha accolto la novità  con sarcasmo. «Per evitare la diffusione di notizie false, disabilitano i commenti ma non l’opzione ripubblica/condividi. È un rimedio adeguato?» si è chiesto Pan Shiyi, il capo di Soho (il principale costruttore del Paese) che vanta 9,5 milioni di fan. Jeremy Goldkorn, fondatore di danwei.org (un sito internet che si occupa di media cinesi) ha condiviso il post di Pan e ha aggiunto: «Disabilitare i commenti non è un rimedio, ma un modo per ricordarti chi è il tuo padrino».


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