by Editore | 13 Aprile 2012 8:32
ROMA – La norma che dovrebbe far pulizia e trasparenza sui conti dei partiti non ha iniziato il suo iter e già inciampa alla Camera. Doveva decollare come emendamento proposto da Pdl, Pd e Terzo polo al decreto fiscale che sarà approvato la prossima settimana. Ma quella forma – complice il veto di Lega e Idv – viene dichiarata «inammissibile», a norma di regolamento, dal presidente Fini: manca l’unanimità . Ma a pesare sono state anche le perplessità del Colle. Il capo dello Stato più volte aveva bacchettato la trasformazione dei decreti in «leggi omnibus» e il difetto stava per essere replicato di nuovo. Prima un colloquio telefonico col presidente della Camera, poi la visita al Quirinale del leader Udc Casini hanno suggerito una correzione di rotta.
I democraticia quel punto suggeriscono la via del decreto, ma anche quella si dimostra impraticabile. Il governo si defila («Meglio l’iter parlamentare» taglia corto il sottosegretario D’Andrea) e poi mancano i presupposti di necessità e urgenza fondamentali perché il Colle dia il disco verde. Alfano, Bersani e Casini provano alloraa uscire dal pasticcio trasformando il testo in una proposta di legge e la firmano insieme. Sarà la prima con la triplice sigla Abc. L’intento è quello di consentirne l’approvazione a tamburo battente nella sola commissione Affari costituzionali, dunque in «sede legislativa».
In pochi giorni sarebbe fatta.E invece no. Anche questa soluzione in serata vacilla. Non c’è l’unanimità neanche su questo: la Lega si mette di traverso, i dipietristi sono incerti. Risultato: in commissione Affari costituzionali – dove il provvedimento dovrebbe essere incardinato- basteranno le firme di nove deputati per far saltare tutto. E sulla carta se ne conterebbero già sette: quelle di Idv e Lega. Si aggiunge il radicale Maurizio Turco: «Pronto a impedire che si proceda, questo provvedimento è un alibi».
L’impasse rischia di travolgere a questo punto tutti, giusto nel momento in cui gli scandali fanno crollare la credibilità dei partiti. Di Pietro lo intuisce e apre spiragli. Il suo capogruppo Donadi: «Dobbiamo decidere, ma proprio perché è una riformicchia, non dobbiamo fornire alibi per dire che non si è cambiato nulla per colpa dell’Idv». Come se non bastasse, i presidenti di Corte dei Conti, Consiglio di Stato e Cassazione che dovrebbero costituire la “Commissione di controllo per la trasparenza” avrebbero lanciato segnali di scarso gradimento per la responsabilità loro riversata sul controllo dei bilanci. Nella formulazione finale si parla dunque di coordinamento e non di presidenza della commissione. Resta infine aperto il capitolo più spinoso. I nove articoli sanciscono il momentaneo congelamento della rata 2012 da oltre 100 milioni che i partiti incasserebbero il 31 luglio. Ma non la riduzione. Non se ne può fare a meno, diversamente è «a rischio la campagna elettorale» avverte Rosy Bindi, Pd. Ma su quei fondi «si gioca la credibilità politica» ribatte il pdl Osvaldo Napoli. I finiani – che sono fuori dalla spartizione – invocano il dimezzamento del rimborso. «I soldi sono troppi – dice il presidente di Libera, Don Luigi Ciotti, intervistato da Repubblica.tv – i partiti usino la rata di luglio per progetti sociali».
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