by Editore | 18 Aprile 2012 5:28
Dopo quelle per Santa Cecilia e per l’Opera di Roma, ieri il ministro per i Beni culturali, Lorenzo Ornaghi, e il viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli, hanno sottoscritto il decreto interministeriale che attribuisce alla Fondazione Teatro alla Scala il «riconoscimento di forma organizzativa speciale», ovvero l’autonomia. Così, dopo essere stata di proprietà della società dei palchettisti, diventata Ente autonomo nel 1928, quindi Fondazione lirico-sinfonica unitamente ad altre tredici sino a ieri, da oggi la Scala è una Fondazione autonoma.
Il ministro Ornaghi, che ha portato a termine questo cammino, sottolinea come «nella situazione economica attuale si tratta di introdurre razionalizzazioni». Contento ed emozionato il sovrintendente Stéphane Lissner. «Ho avanzato la richiesta di autonomia quattro anni fa perché è l’unica strada per valorizzare la specificità di questo teatro. All’inizio sembrava un’utopia. Ma dal mio arrivo non ho mai smesso di cercare l’autonomia con bilanci in pareggio. Il nuovo statuto sarà importante per rinnovamento. L’autonomia fu richiesta sin dai tempi di Arturo Toscanini, sostenuta da Ghiringhelli e da tutti i sovrintendenti che mi hanno preceduto: è una storia che appartiene a tutto il teatro. Il Mibac ha lavorato con noi intensamente e il ministro Ornaghi ha impresso grande accelerazione alla procedura con un intervento decisivo».
Ma cosa comporterà questa autonomia? «L’autonomia ci consentirà di approfondire molti aspetti gestionali e di sviluppare la comunicazione attraverso Internet», sottolinea il sovrintendente, che presenterà lo statuto nei prossimi giorni ai sindacati. Che per ora appaiono perplessi (qualcuno parla di «privatizzazione» anziché di «autonomia»). «Il 2012 resta difficile — conclude Lissner —. Ma l’autonomia servirà per i prossimi decenni».
Di sicuro potrebbe sbloccare alcune controversie con i lavoratori, come gli integrativi economici annuali e il diritto, per gli orchestrali, di svolgere, oltre all’attività per il Teatro e per la Filarmonica anche altri secondi lavori. Tema sul quale Lissner e Barenboim si erano schierati dalla parte dei musicisti.
Ma confrontando il nuovo statuto con il vecchio si possono cogliere alcuni cambiamenti. Intanto fine della Fondazione diventa la sua «peculiarità nella storia della cultura operistica e sinfonica italiana», che deve essere portata avanti su un piano di «internazionalità » ma anche, si legge più avanti, conservando e valorizzando il patrimonio «con particolare riferimento al territorio nel quale opera» (quest’ultimo aspetto era già presente nel vecchio statuto). Una Scala, dunque, che deve portare Milano e l’Italia nel mondo. Dunque un futuro «glocal»: parte dal locale verso l’internazionale.
La Scala potrà svolgere «attività commerciali ed accessorie» in misura ancora maggiore: si aprirà a maggior merchandising diretto e potrà continuare a svolgere operazioni «finanziarie, mobiliari e immobiliari» compresa la «partecipazione a società di capitali».
Più care le «rette» per diventare soci: serviranno 600 mila euro per fondatori ordinari e 6 milioni per fondatori permanenti, che dovranno poi versare ogni anno almeno l’8% di quanto versa lo Stato. I primi avranno un voto in assemblea, i secondi dieci. Il Consiglio di amministrazione passerà dagli attuali 10 a 11 componenti (con il sovrintendente); presidente resterà il sindaco di Milano. Resterà in vigore cinque anni e i suoi membri non sono eleggibili per più di due mandati (ma si ripartirà dall’entrata in vigore di questo statuto). A parte sindaco e sovrintendente, due consiglieri saranno indicati dal ministero, uno da Provincia, Regione, Camera di Commercio; gli altri dall’assemblea dei soci fondatori. Nessuno di loro percepirà «compensi, gettoni o altre indennità ».
Il ruolo del sovrintendente sarà incatenato a quello del Cda: se questo cade, anche il sovrintendente cessa nel ruolo. Stessa cosa per i collaboratori del sovrintendente (come direttori artistici, musicali o altri collaboratori) la durata del cui contratto, «a tempo determinato, non potrà essere superiore a quella del mandato del sovrintendente». Ma avrà ancora più poteri di gestione. E, d’ora in poi, sarà chiamato a sviluppare programmi triennali sulla base (si spera) di stanziamenti più stabili.
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