Shanghai, il mercato per trovar marito alle figlie “avanzate”
Speranze al vento Decine di fogli sui fili tesi fra gli alberi: sono tutti annunci di donne dove sono elencati l’età , l’altezza, il peso, la zona di origine, il tipo di lavoro e, soprattutto, se si possiede una casa
1,34 miliardi la popolazione cinese ufficiale nel 2010 (ma si stima che un altro mezzo miliardo non sia registrato all’anagrafe). La popolazione comincerà a decrescere solo dal 2050 18,8% celibi/nubili È la quota di popolazione che dopo i 15 anni non è sposata. Il 72,4% è al primo matrimonio l’1,8% al secondo lo 0,9% è divorziato 48,7% donne La disparità tra i generi in Cina è rovesciata rispetto al resto del mondo Alla nascita ci sono 118 maschi ogni 100 cento femmine (in occidente sono 105) L’agenzia matrimoniale Tre uomini intorno un banchetto dove, pagando l’equivalente di un euro, si registra il nome e si ottiene un foglio dove scrivere i dati e il filo per appenderlo a un albero 48,2% laureate Le ragazze sono quasi la metà sia nelle università sia nelle scuole superiori. Nei test delle selezioni sono decisamente più brave dei maschi: sono il 63% dei promossi
Lavoro e solitudine Pollo fritto per un pranzo veloce, poi si torna in ufficio: le donne sono il 45% degli occupati
Trattative Una madre decanta le qualità della figlia a un uomo che potrebbe essere interessato. Spesso la ragazza non sa che sua madre si è attivata per accasarla. «Non mi avrebbe mai dato il permesso», dice questa signora (Foto Ilaria Maria Sala) 30 anni È l’età limite: dopo per la società si è «shengnu» e si è divise nelle categorie «combattente» e «rassegnata»
Cerchi marito? » chiede con tutta serietà un signore sessantenne, avvicinandosi senza nessuna timidezza. In qualunque altro posto la domanda sarebbe inopportuna, ma qui non ci si può stupire: siamo all’angolo nord del Parco del Popolo, a Shanghai, dove ogni sabato e domenica pomeriggio dall’una alle cinque si tiene quello che è soprannominato «il mercato dei matrimoni». I partecipanti sono centinaia, indifferenti alle condizioni meteorologiche. Dei piccoli banchetti consentono di registrarsi con una miniagenzia e per poco più di un euro appendere un foglio con sopra quello che si vuol far sapere al possibile partner: l’età , l’altezza, a volte anche il peso, se si è già stati sposati, da che parte della Cina si proviene, che lavoro si fa e per che salario, se si possiede una casa. Le mini-agenzie consistono in semplici tavoli, che forniscono spago per attaccare il foglio e la possibilità di laminare la propria richiesta e renderla più resistente alle intemperie. Poi ci sono quelli che fanno da sé: appendono i dati vitali su un ombrello, o passeggiano studiando gli altri avventori del parco, pronti a scambiarsi numeri di telefono e fotografie, che mostrano cauti, un po’ timidi, con molto affetto e inquietudine per la persona che vi è raffigurata.
Perché al mercato dei matrimoni quasi nessuno sta cercando per sé: il fine settimana, infatti, il parco è frequentato da ansiosi genitori di ragazzi, e soprattutto ragazze, in età da marito ma con la testa altrove, che vengono così aiutati – quasi sempre senza esserne al corrente – a convolare a nozze al più presto. «Mia figlia ha già venticinque anni! – sospira la signora Cai, un donnone allegro con una permanente indiavolata -. Sta per diventare un “avanzo”, e io cerco di darmi da fare per lei. Non sa che sono qui, però, non mi avrebbe mai dato il permesso». E sorride come una bambina che ha appena fatto una marachella. Un signore che passa e l’ascolta dice che non c’è da meravigliarsi se la situazione è questa: «La colpa, è della politica del figlio unico, così a Shanghai ci sono troppe donne, e mancano gli uomini. In campagna è l’opposto, ci sono milioni di uomini in più, ma un contadino chi se lo sposa? Qui i cartelli sono quasi tutti di donne, non è per niente facile», sospira, mostrando un’inquietudine che sembra eccessiva: sua figlia, in fondo, ha 27 anni. «Appunto! – esclama lui, – non è più giovane. Non è mica come da voi, qui in Cina».
E non ha torto: la pressione sociale nei confronti delle ragazze non sposate ha raggiunto livelli allarmanti, e chi non ha ancora la fede al dito allo scadere dei 25 anni viene messa alle strette dai familiari, dagli amici e dai colleghi, per non parlare dei media nazionali. «Diventi un avanzo! », ripetono tutti, ormai con nonchalance, come se fosse una parola neutra. Il termine «shengnu» in cinese, letteralmente «donna avanzata», è atroce come in ogni altra lingua, eppure viene utilizzato senza imbarazzo. Anche dalla Federazione nazionale delle Donne cinesi, un gruppo para-governativo che in teoria dovrebbe difendere i diritti delle donne ma che diffonde invece senza batter ciglio l’imperativo per le ragazze: spicciarsi, lasciar perdere le pretese eccessive, non pensare troppo alla carriera, e darsi da fare a trovar marito. In un sondaggio pubblicato qualche tempo fa, che ha fatto un certo scalpore, la Federazione chiedeva «Che tipo di donna-avanzo sei? » elencando categorie che, a seconda delle età (dai 25 ai 35), prevedevano la shengnu che combatte», «la shengnu che deve trionfare assolutamente», e quella che è disperata.
Alcune «rare» voci si sono levate per criticare questo modo di definire le donne, ma nessuna di queste sembra aver raggiunto il Parco del Popolo a Shanghai: a 30 anni, una donna che non è ancora né madre né sposa, dice il signor Zhang: «non ha più tempo. Rischia di restare sola per sempre, e di lasciare i suoi genitori senza nipoti». Una prospettiva amara, paventata come il peggior dei destini possibili, frutto di un modificarsi inarrestabile e rapidissimo della società : «Oggi tutti lavorano così tanto che non hanno tempo per cercarsi un partner, e noi genitori cerchiamo di aiutare un po’, poi diciamo ai figli che abbiamo incontrato un ex collega, o un amico di un amico, che ha un simpatico ragazzo o ragazza e perché non vi incontrate? A volte ne nasce qualcosa di positivo, e questo è tutto quello che conta», dice Zhang, pur senza smettere l’espressione inquieta.
Anche in questo affollato parco si vede fino a che punto i cambiamenti innescati trent’anni fa dalla riforme economiche abbiano scompaginato tutto: il coniuge non si incontra più nell’ambito del lavoro assegnato dal Partito o nel corso delle campagne politiche in matrimonio benedetto dall’unità di lavoro che presiedeva a tutte le scelte personali. Né esistono più le unioni combinate da sensali indaffarati di un tempo, o il ritmo lento dei primi anni dall’inizio dell’apertura cinese. Nel frattempo le aspirazioni, tanto materiali che romantiche, sono cresciute, i nuovi ideali ribaditi con sicurezza da ragazzi e ragazze globalizzati da Internet e dai social media hanno rivoluzionato le relazioni, portando a una comprensibile confusione.
Per la generazione dei cinquantasessantenni presenti al Parco del Popolo si tratta di incertezze sconsiderate, che non tengono conto del rapido passare degli anni, e così, con quel tranquillo impicciarsi degli affari altrui che era del tutto normale nella Cina della loro generazione, prendono in mano il problema come se a cercare moglie, e soprattutto marito, fossero loro.
A vedere la folla che si assiepa per leggere i volantini appesi in fila, i numeri di telefono che vengono copiati e scambiati, le fotografie di figli e figlie tirate fuori dalle buste, mostrate e rimesse via gelosamente, viene da pensare che tutti questi genitori così pronti a occuparsi dei dettagli più privati della vita dei loro ragazzi, un fine settimana dopo l’altro, qualcuno di adatto potrebbero anche trovarlo. Zhou Dan, un avvocato di Shanghai che si occupa spesso di divorzi, non ha dubbi: «Davanti a me si presentano solo le coppie che ormai non vanno più d’accordo, ma a Shanghai le storie iniziate al Parco del Popolo sono moltissime. E per la maggior parte, direi che funzionino».
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