Sarkozy: “Nessun accordo con la Le Pen”

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parigi – Non ci sarà  nessun accordo con il Fronte nazionale, nessun ministro proveniente dall’estrema destra, parola di Nicolas Sarkozy: i continui richiami alle idee di Marine Le Pen, l’insistenza sull’immigrazione e l’insicurezza, il protezionismo e i controlli alle frontiere non sono il preludio a un accordo politico.
Una cosa del genere, del resto, è semplicemente impossibile, ma il presidente-candidato è stato costretto a precisarlo dopo essersi spinto molto in là  negli appelli lanciati all’elettorato lepenista. Quasi 6 milioni e mezzo di cittadini saranno decisivi e anche Franà§ois Hollande lancia messaggi di comprensione per la “collera” espressa da chi ha votato Fronte nazionale, senza però rinunciare a uno dei punti chiave del suo programma: nel 2013, ha assicurato, sarà  concesso il diritto di voto agli immigrati extra-comunitari per le elezioni comunali.
Sarkozy era obbligato a esprimersi in quel modo: «Non ci sarà  accordo con l’Fn, nessun ministro, ma devo tener conto del voto e non pensare che dobbiamo turarci il naso. E’ mio dovere invece rivolgermi al 18% che ha votato Le Pen». Una messa a punto nata da una frase pronunciata il giorno prima, quando aveva definito la candidata del Fronte «compatibile» con la République, cioè con i valori repubblicani. Parole stigmatizzate dalla stampa di sinistra, che lo ha accusato di flirtare con il pétainismo: «Dal momento che la Repubblica autorizza Marine Le Pen a essere candidata – ha replicato – vuol dire che il Fronte è un partito democratico». E’ un passo fatto verso l’Fn, ma è il massimo che Sarkozy possa concedere. Il candidato della destra, infatti, sa benissimo che una parte consistente dei suoi non lo seguirebbe, malgrado due terzi dell’elettorato conservatore siano favorevoli ad alleanze con l’estrema destra alle elezioni politiche, come dice un sondaggio. Nel 1988, Jacques Chirac preferì perdere un’elezione piuttosto che fare un gesto verso l’estrema destra. I gollisti l’hanno sempre avversata, durante la Resistenza come durante la guerra d’Algeria.
E l’ala centrista fuggirebbe in massa dal partito. Un personaggio di spicco come Alain Juppé ha detto di sentirsi più vicino ai socialisti che al Fronte nazionale, altri leader di primo piano hanno chiaramente respinto l’idea di un qualche patteggiamento. E’ il dramma della destra democratica, che si riproporrà  alle politiche di giugno: un accordo con l’Fn farebbe guadagnare seggi, ma sarebbe un suicidio politico. E’ la carta che gioca Marine Le Pen: se Hollande vince, il campo conservatore sarà  lacerato e lei diventerà  una protagonista della ricomposizione a destra. Su una possibile sconfitta di Sarkozy ieri è intervenuta anche Carla Bruni, facendo intendere, secondo il Nouvel Observateur, che il marito resterebbe in politica anche se perdesse le elezioni.
Il candidato socialista non ha questi problemi. In una conferenza stampa ha continuato a rivolgersi all’elettorato lepenista senza mai sfiorarne le tesi. Forte del vantaggio nei sondaggi (55% secondo l’ultimo), Hollande ha detto di volersi rivolgere anche a chi ha votato Le Pen, operai e impiegati in collera: «A volte la carta geografica del voto Fn coincide con quella della disoccupazione». Ma nessun cambiamento di programma. Ha confermato anche di voler ridiscutere il fiscal compact, invitato i ricchi a non aver paura («non ci sarà  spoliazione, solo uno sforzo di giustizia»), promesso un incremento del salario minimo, che in Francia è fissato dalla legge, e chiesto di essere giudicato sulla disoccupazione. E non rinuncerà  al diritto di voto per gli immigrati, spauracchio che viene agitato dalla destra.


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