by Sergio Segio | 27 Aprile 2012 8:05
ROMA – Il governo ufficializza la grande frenata sulla Rai. Non ce l’ha fatta, Mario Monti, a dare un nuovo governoa Viale Mazzini. Il cda verrà rinnovato con le vecchie regole della Gasparri, ossia 7 consiglieri indicati dai partiti e votati in commissione di Vigilanza, 2 membri del Cda scelti dal ministero dell’Economia. Tra questi ultimi uscirà fuori il presidente che però ha bisogno del consenso dei due terzi della Vigilanza. È il ministro dei Rapporti con il Parlamento Piero Giarda, rispondendo alla Camera, ad annunciare che non c’è tempo per varare nuovi criteri.
Tempo ce ne sarebbe stato. Dalle prime dichiarazioni del premier che prefiguravano un cambio nella gestione dell’azienda sono passati quasi cinque mesi.
Ma adesso in effetti mancano pochi giorni al 4 maggio, data in cui l’assemblea degli azionisti (Tesoro al 95 per cento, Siae al 5) approverà il bilancio consuntivo mettendo fine formalmente al mandato del vecchio consiglio. Non solo la legge Gasparri viene salvata. Giarda spiega che il governo indicherà i suoi due membri dopo gli altri sette. Come dire che Palazzo Chigi rispedisce la palla ai partiti. Si sfila dalla partita, almeno nelle sue fasi iniziali, quelle più delicate.
L’effetto finale potrebbe essere una clamorosa proroga dell’attuale Cda fino alle elezioni del 2013. E sarebbe una doppia marcia indietro per il governo. Il Pd infatti insiste nella sua linea aventiniana: «Se questa è la decisione del governo, noi non partecipiamo alla spartizione e non votiamo il consiglio», ripete il responsabile Informazione Matteo Orfini dopo essersi consultato con Pier Luigi Bersani. Se i democratici manterranno fede a questo aut aut, il rischio-caos diventa concretissimo. E l’interim al vecchio Cda pure. Per questa soluzione del resto tifa una buona parte del Pdl, in difesa soprattutto del direttore generale Lorenza Lei. Silvio Berlusconi non sta a guardare. La Rai è un suo pallino nel solco del conflitto d’interessi. Gioca su diversi tavoli. Quello della proroga, che lascerebbe Viale Mazzini nelle mani del centrodestra. E quello di un rinnovo. La settimana scorsa, secondo alcune voci, avrebbe incontrato a Roma Enrico Bondi, il risanatore di Parmalat, che il Quirinale vedrebbe bene alla presidenza della Rai.
Un annusamento, una presa di contatto. Niente di più. Ma il Cavaliere prepara il terreno. Bondi resta il candidato principale alla guida del Cda. Accanto a lui, come dg, Francesco Caio. Due tecnici. Come i ministri. Ma se le scelte governative arrivano alla FOTO:IMAGOECONOMICA fine del percorso dei partiti, tutto può saltare.
Sergio Zavoli ha messo in preallerta la Vigilanza. Già il 4, in prima convocazione, l’assemblea degli azionisti approverà il bilancio. La settimana successiva la commissione potrebbe cominciare le operazioni di voto sui nuovi consiglieri. Con tutte le incognite del caso. Il Pd attacca il governo. «Hanno inabissato la riforma e ora dicono che non c’è più tempo», dice Orfini. Il Pdl invece festeggia. Però non è detto che Berlusconi non sia tentato da altre strade sulla Rai, da una trattativa complessiva che metta sul piatto anche l’asta delle frequenze, il ricambio ai vertici dell’Agcom, l’abbassamento del tetto pubblicitario della Rai (che avrebbe in cambio un piano antievasione del canone) in grado di ridare ossigeno a Mediaset.
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