Romney allunga e Prenota la Nomination

by Editore | 4 Aprile 2012 7:28

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A tarda sera, con le urne appena chiuse, i primi exit poll indicavano un vantaggio consistente dell’ex governatore del Massachusetts, in tutte e tre le votazioni. Anche la bassa affluenza ai seggi di elettori evangelici, che in genere sostengono i candidati più radicali, apriva la strada a un successo di Romney che a questo punto non sembra più insidiato da Rick Santorum. Il quale va avanti con la sua sfida ma ormai molti commentatori, anche repubblicani, ironizzano: «Chi glielo dice che la sua corsa è finita?».
Rimane solo un dubbio matematico: riuscirà , Romney, a conquistare tutti i 1.144 delegati necessari per arrivare, ad agosto, alla convention di Tampa con la nomination già  in tasca? Per ora, dopo il voto della notte scorsa, dovrebbe aver superato quota 600. Per avere certezze bisognerà  aspettare il voto dei grandi Stati che eleggono centinaia di delegati (New York e Pennsylvania il 24 aprile, Texas a fine maggio, California il 5 giugno). Ma con Santorum in difficoltà  e Newt Gingrich in disarmo (l’ha abbandonato anche Sheldon Adelson, il miliardario dei casinò che ha fin qui tenuto in piedi, pagando tutto, la sua campagna), l’obiettivo è indiscutibilmente più vicino.
Secondo alcuni potrebbe essere proprio Santorum, una volta compreso di non avere più chance, a offrire i suoi delegati (circa 300) a Romney, magari in cambio della vicepresidenza. Scenario improbabile: Rick perderebbe la faccia e la possibilità  di ricandidarsi nel 2016 su posizioni da «duro e puro». E potrebbe essere un passo falso anche per Mitt che, più che di coprirsi a destra con gli evangelici, sembra aver bisogno dell’immagine e dell’energia giovanile di Marco Rubio: il senatore di origine cubana che piace ai Tea Party e che potrebbe far recuperare a Romney consensi tra gli ispanici, un vasto elettorato che i repubblicani si sono alienati con la loro linea durissima nei confronti degli immigrati clandestini.
Il vero problema, ormai per Romney, è come recuperare terreno su Obama: un presidente reso vulnerabile dalla crisi economica, ma che sembra risorto grazie ai leggeri miglioramenti del reddito e dell’occupazione registrati negli ultimi mesi e che ha già  cominciato a martellare il suo probabile avversario senza nemmeno aspettare la sua nomination.
Ieri il presidente ha dedicato un’intera conferenza stampa a demonizzare il bilancio presentato dal repubblicano Paul Ryan e votato dalla Camera: un progetto — fatto di drastici tagli della spesa sociale e di ulteriori sgravi fiscali per le imprese e per i ricchi — denunciato da Obama come un inaccettabile esempio di «darwinismo sociale» dal quale, aggiunge il presidente, «perfino Gingrich ha preso le distanze, mentre purtroppo Romney mostra di condividerlo».
Come recuperare consensi al centro senza perdere il sostegno della destra radicale ed essere nuovamente etichettato come un voltagabbana che cambia opinione su tutto a seconda delle convenienze del momento? È questa la sfida che Romney ha adesso davanti a sé. A cominciare dal recupero di consensi nell’elettorato femminile.
I sondaggi che danno Obama in netto vantaggio su di lui negli Stati-chiave per le elezioni del prossimo novembre, dicono anche che Romney, spostandosi a destra sulle questioni etiche (dagli anticoncezionali all’aborto) per contenere l’offensiva religiosa di Santorum, ha perso molti consensi proprio tra le donne. Cercherà  di riconquistarle con l’aiuto della moglie Ann la cui figura, volitiva e rassicurante, si sta rivelando per Mitt un aiuto non meno importante di quello offerto da Michelle nel campo di Obama.

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