by Editore | 6 Aprile 2012 8:34
Il fatto stesso che non siano stati comunicati i nomi dei delegati israeliani e palestinesi presenti colloqui, dice che Abu Mazen ha ripreso a giocare su due tavoli. Da una parte, ad uso interno, definisce «irrinunciabile» la condizione dello stop alle colonie e dall’altra cede alle pressioni (americane) volte a rilanciare la trattativa mentre il governo israeliano prosegue la costruzioni nei Territori occupati. Nelle ultime ore si è appreso che il premier Netanyahu sta lavorando al riconoscimento di tre avamposti colonici in Cisgiordania – sulla base della legge israeliana perché tutte le colonie per le risoluzioni internazionali sono illegali – ed è stata annunciata l’apertura di una gara d’appalto per costruire 1.121 case in tre insediamenti: due nella zona palestinese (Est) di Gerusalemme e uno nel Golan occupato.
Il bando è stato presentato mercoledì dal Ministero israeliano per l’Edilizia e prevede la costruzione di 872 appartamenti a Har Homa, un insediamento tra Gerusalemme e Betlemme sorto sulla collina di Abu Ghneim che, peraltro, continua ad essere in parte disabitato. La scorsa estate, nel pieno della protesta degli “indignados” israeliani contro il carovita, la destra propose alle famiglie non in grado di pagare gli alti affitti di Tel Aviv e delle città costiere, di acquistare una casa a Har Homa e in altre colonie nei Territori palestinesi occupati perché sono meno costose. E qualcuno ha seguito il suggerimento. In ogni caso il governo Netanyahu continua a dare il via libera a nuove costruzioni e l’ultimo progetto approvato prevede anche altre 180 unità abitative nella colonia di Givat Zeev, a Nord di Gerusalemme, e 69 a Katzrin nelle Alture del Golan. Non deve peraltro ingannare l’evacuazione, l’altro giorno a Hebron, da parte dell’esercito di alcune famiglie di coloni israeliani da una casa palestinese vicina alla Tomba dei Patriarchi. Tutti sanno che i settler presto o tardi torneranno in quella abitazione.
Abu Mazen tramite il suo portavoce condanna l’espansione coloniale che definisce un «ostacolo al processo di pace». Poi dice di «sì» agli americani che lo tengono sotto pressione. Tra qualche giorni è previsto un incontro tra Netanyahu e il primo ministro dell’Anp Salam Fayyad. Meeting del quale si è parlato mercoledì sera ad Amman. Pare che i palestinesi siano intenzionati a consegnare a Netanyahu una lettera nella quale si attribuisce il fallimento della Road Map del 2003 (una delle tante iniziative finite nel nulla) alla colonizzazione israeliana. In apparenza è un atto di accusa e non l’apertura di un nuovo contatto tra le due parti ma l’ufficio del primo ministro israeliano non sembra preoccupato dall’iniziativa e si prepara ad accogliere con tutti gli onori Fayyad. I due si vedranno dopo la Pasqua Ebraica che terminerà il 13 aprile e al meeting prenderà parte anche il capo negoziatore dell’Anp Saeb Erakat uscito indenne dallo scandalo politico dei «Palestine Papers» Pare che Abu Mazen ribadirà nella sua lettera anche la minaccia di uno scioglimento dell’Autorità nazionale palestinese. Ma lo ha fatto così tante volte in passato, senza mai far seguire i fatti alle parole, che nessuno gli crede.
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