Record di fallimenti nel 2011 Lombardia e Lazio ai primi posti

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MILANO – Oltre undicimila aziende hanno chiuso battenti nel 2011, questo l’amaro bilancio secondo la ricostruzione dell’ufficio studi della Cgia di Mestre.

Per la precisione lo scorso anno 11.615 aziende hanno dichiarato fallimento. Si tratta di un dato allarmante, di un record negativo che è la conseguenza di quattro anni difficili per i consumi e per l’economia in generale, e che segnala la fragilità  delle piccole e medie aziende italiane. «La stretta creditizia, i ritardi nei pagamenti e il forte calo della domanda interna- segnala il segretario Giuseppe Bortolussi – sono le principali cause che hanno costretto molti piccoli imprenditori a portare i libri in tribunale». E purtroppo, anche se si tratta soprattutto di piccole imprese, le ricadute sull’occupazione sono state comunque considerevoli.

«Questo dramma non è stato vissuto solo da i datori di lavoro, ma anche dai loro dipendenti- precisa il segretario della Cgia di Mestre- secondo una nostra prima stima, in almeno 50.000 hanno perso il posto di lavoro» a causa del fallimento dell’azienda presso cui erano assunti.A livello geografico le imprese che non sono sopravvissute alla crisi del 2011 sono in buona parte collocate nel Nordest. La regione maggiormente colpitaè la Lombardia (oltre 2.600 fallimenti) che da sola rappresenta quasi un quarto del totale nazionale, segue il Lazio (con 1.215 aziende), il Veneto (1.122) si colloca al terzo posto, ma anche il bilancio dell’Emilia Romagna (1.008) è drammatico.

L’unica che se la cava è invece la Valle d’Aosta, che supera l’anno con appena 9 aziende fallite.

Il lato economico è sicuramente evidente e ha dirette ricadute pratiche, ma il fallimento di un imprenditore non è solo di natura finanziaria, spesso viene vissuto da queste persone anche come un fallimento personale che, in casi estremi, ha portato decine e decine di piccoli imprenditori a togliersi la vita. «La sequenza di suicidi e di tentativi di suicidio avvenuta tra i piccoli imprenditori in questi ultimi mesi – prosegue Bortolussi – sembra non sia destinata a ferFOTO: CORBIS marsi. Solo in settimana 2 artigiani a Bologna e a Novara, hanno tentato di farla finita per ragioni economiche». Una dinamica che le autorità  non possono ignorare anche perché alle viste non ci sono miglioramenti del quadro economico tali da poter sostenere anche quelle aziende che nel 2011 hanno stretto ancora la cinghia sperando nel 2012.

«Bisogna intervenire subito e dare una risposta emergenziale a questa situazione che rischia di esplodere – ammonisce il segretario della Cgia – Per questo invitiamo il governo ad istituire un fondo di solidarietà  che corra in aiuto a chi si trova a corto di liquidità ». Infine, Bortolussi ritorna sui dati pubblicati venerdì dal ministero delle finanze. «Attenti a dare queste chiavi interpretative fuorvianti e non corrispondenti alla realtà  – ammonisce il segretario della Cgia di Mestre – le comparazioni vanno fatte tra soggetti omogenei, ad esempio tra artigiani e i loro dipendenti.

Se confrontiamo il reddito di un dipendente metalmeccanico con quello del suo titolare artigiano, quest’ultimo dichiara oltre il 40% in più, con buona pace di chi vuole etichettare gli imprenditori come un popolo di evasori».


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