by Editore | 15 Aprile 2012 12:55
Ormai siamo arrivati al cinismo impositivo: agire sui carburanti risulta un atto particolarmente odioso per gli italiani? Bene, si proceda comunque, perché andiamo di fretta e non c’è tempo da perdere. Tagli alla spesa pubblica (partiti e privilegi della Casta inclusi) richiedono “ben altra” discussione e approfondimento. Se le bollette di gas e elettricità sono diventate un bancomat, la benzina e il gasolio sono ormai per l’esecutivo un conto corrente. E non vale la motivazione “nobile” della destinazione dei fondi così raccolti, perche gli aumenti delle accise sui carburanti destinati a fronteggiare le tante emergenze nazionali sono sempre (dicasi sempre) diventati permanenti. Anche a emergenze cessate. E per sovrappiù si continua a pagarci sopra anche l’Iva. In questo frangente, però, la decisione di ricorrere ancora ai carburanti non ha solo risvolti di quasi-inaccettabilità sociale. In gioco c’è anche la tanto agognata crescita che continua a sfuggire. Curioso: ci si accanisce a tassare prodotti le cui vendite, a febbraio e marzo, sono scese per due volte consecutive del 10%. Segnale palese delle difficoltà che sta attraversando un intero Paese, la cui economia si muove ampiamente su ruota. Professionisti, artigiani, piccole e medie imprese. Paradossalmente, la stessa filiera industriale dei carburanti, dalle raffinerie fino ai gestori dei distributori (tutti i “grandi accusati” del recente passato) si trova a rischio. È poi sufficiente scorrere ogni mese le note Istat sull’inflazione per avere la conferma che sono i rialzi dei beni energetici a sostenere la dinamica dei prezzi. Effetti del cinismo impositivo che non guarda in faccia nessuno. Dell’affidarsi alla tassazione indiretta come metodo, dichiarato pubblicamente. Oltre ad essere poco equo sembra sempre più dannoso.
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