Quei fantasmi di Termini Imerese “Intrappolati in un limbo senza futuro”

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Termini Imerese – È rimasta giusto una impiegata a far compagnia a custodi e pompieri, nella fabbrica che negli anni ’80 produceva ottocento Panda al giorno e dava lavoro a tremila dipendenti. La signora Mariella Cimino è sola, negli uffici dell’amministrazione, a preparare le buste paga dei fantasmi che abitavano questo stabilimento fantasma: i cassintegrati Fiat rimasti nel limbo di una transizione mai compiuta verso i nuovi padroni della Dr Motor. Sul trasferimento nei ranghi dell’azienda molisana, già  minacciata dai problemi finanziari dell’imprenditore Massimo Di Risio, grava ora l’incognita dei 640 esodati: perché l’operazione si compia, come previsto in un accordo del primo dicembre, occorre che gli operai più anziani vengano accompagnati attraverso indennità  di cassa integrazione e di mobilità  alla pensione. Ma l’innalzamento dell’età  pensionabile stabilito dalla riforma Monti rischia di far saltare il piano. Così, nell’area industriale di Termini Imerese fiaccata dalla crisi, la grana degli esodati rischia di avere un peso doppio per i lavoratori, rimasti senza impiego dopo trent’anni passati in catena di montaggio e con la non esaltante prospettiva di non avere neppure la pensione. «Oltre al danno la beffa», sintetizza Roberto Mastrosimone, sindacalista della Fiom e volto più noto delle tute blu di Termini. «Ma senza una deroga per gli esodati da parte del governo – aggiunge – non si fa nulla e sfuma il passaggio dei 1.300 dipendenti Fiat a Dr Motor». 
Proprio in queste ore è ripresa la protesta: e ieri la Uilm ha fatto sapere che dopo Pasqua gli operai torneranno a riunirsi in assemblea, cinque mesi dopo la grande manifestazione davanti ai cancelli dello stabilimento, in occasione dell’ultimo giorno di produzione. C’è silenzio, stamattina, in fabbrica, ma non nei paesi dell’hinterland palermitano che ospitano i reduci della Sicilfiat. A Campofelice di Roccella, non lontano da Cefalù, ci sono 40 esodati. Giuseppe Il Grande ha 58 anni: secondo l’accordo di dicembre avrebbe davanti quattro anni di cassa integrazione e mobilità  prima di andare in pensione. «Con le nuove norme pensionistiche dovrei aspettare tre anni in più – dice – ma non è questo il problema. Senza le concessioni per gli esodati qui si rischia di perdere tutto: ed è una sensazione terribile, dopo 35 anni passati nel reparto verniciatura. Sono ancora giovane, certo: ma di questi tempi è impossibile trovare un lavoro alternativo, per di più in Sicilia. Mio figlio è dovuto emigrare a Bologna e poi in Austria per trovare un impiego da carpentiere. Io non ho più la forza». Neanche il lavoro nei campi è più una via d’uscita, per gli operai che negli anni ’70 svolgevano una doppia attività  e venivano chiamati “metalmezzadri”: «Oggi vai a raccogliere mandarini per dieci ore di fila e ti danno 50 euro…», annota Il Grande.
E allora i “fantasmi” di Termini Imerese rimangono aggrappati a un assegno di cassa integrazione da mille euro al mese, con cui campare intere famiglie. Damiano Aglieri Rinella ha 55 anni ma 35 li ha passati facendo l’operaio in stabilimento. «Non ho la fortuna di avere una moglie che lavora e ho due figlie a carico. I sacrifici? Tanti. Da gennaio, da quando sono in cassa integrazione – dice – ho dovuto rinunciare alla macchina e al motorino, perché non posso pagare l’assicurazione. E quest’anno non ho potuto neppure mandare mia figlia in gita con i compagni di scuola. Mi piange il cuore, dopo una vita di lavoro. E ora questo incerto ruolo da esodato. Non so neppure cosa significhi: di certo, la Fornero oggi per noi è una nemica come ieri lo era Marchionne…».
A Montemaggiore Belsito, sulle colline sopra Termini, c’è un’altra pattuglia di esodati: Cruciano Albanese ha 59 anni, un passato da magazziniere e due figli «laureati e ovviamente precari». «Esco da casa la mattina per non litigare con mia moglie – scherza – e passo la giornata a far suonare le labbra, come si dice dalle nostre parti. Mi consolo perché ad alcuni colleghi è andata peggio: c’è chi ha dovuto svendere la casa per l’impossibilità  di pagare il mutuo e chi ha tentato il suicidio». Storie di disperazione: «In questa situazione sono in tanti ad attendere che si chiuda il rapporto con Fiat – dice Mastrosimone – per avere almeno il Tfr con cui saldare i debiti. Ma noi rimaniamo dipendenti del Lingotto, forse qualcuno se n’è dimenticato». La paura che sulla vertenza di Termini sia calato l’oblio. E alcuni sospetti da allontanare: è difficile giustificare gli esodi incentivati nella terra che fino a dicembre ha consentito le scandalose baby-pensioni (anche a 40 anni) alla Regione? «Con tutto il rispetto: qui – conclude il sindacalista della Fiom – non stiamo parlando dei prepensionati delle Poste, per cui si può ipotizzare un privilegio. Ma di gente che ha fatto un lavoro usurante, nella sostanza, stando almeno trent’anni in catena di montaggio. Di questo il governo non può non tenere conto».


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