“Tutti in pericolo, non solo Israele”

by Editore | 7 Aprile 2012 15:27

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GERUSALEMME – Il premier israeliano Benjamin Netanyahu è concentrato sulla questione iraniana, ma la situazione è complessa anche altrove. L’ascesa dei Fratelli musulmani in Egitto e la presentazione di un loro candidato alle prossime presidenziali dimostra, secondo lui, che le cose stanno cambiando e che bisogna essere capaci di leggere la situazione in modo dinamico. «Significa che il mondo è cambiato. E significa che non possiamo dare per scontato che quello che è successo finora succederà  in futuro. Spero che il regime che si affermerà  dopo il voto onori gli accordi di pace».
Di lui hanno scritto che ha iniziato questo mandato da capo del Governo con lo scopo di realizzare l’idea di cui parla da 15 anni: assicurarsi che il regime iraniano non entri in possesso della bomba atomica. «Misi in guardia da questo pericolo 15 anni fa e in sostanza oggi mi ritrovo nuovamente a doverci fare i conti», spiega.
Le sanzioni all’Iran non stanno funzionando. Non è frustrante?
«Le sanzioni stanno penalizzando l’economia iraniana, ma finora non sono riuscite a fermare il programma nucleare. È vero che hanno cercato di usare i negoziati per prendere tempo e confondere le acque, non è la prima volta che provano a farlo. Io spero che le grandi potenze mondiali, Stati Uniti in testa, abbiamo imparato la lezione. L’unico modo per fronteggiare questa strategia degli iraniani è presentare condizioni specifiche: cessare ogni attività  di arricchimento dell’uranio, portare il materiale arricchito fuori dall’Iran e sostituirlo con materiale che non possa essere utilizzato per sviluppare la bomba atomica, e ovviamente ridimensionare il laboratorio sotterraneo di Qom. Deve esserci un atteggiamento risoluto e richieste chiare se si vuole che le sanzioni abbiano realmente effetto».
Lei ha dichiarato che non intende trascurare la questione palestinese. Ci sono prospettive diplomatiche?
«Sta a loro dimostrare di volersi sedere a un tavolo. Io sono disposto a incontrare il primo ministro Fayyam dove vuole per fare passi avanti. Stiamo chiedendo cose elementari, ma purtroppo finora i palestinesi hanno preferito non avviare un negoziato. Alla fine dovranno fare cose difficili. Un accordo di pace non sarà  difficile solo per noi: loro dovranno rinunciare all’illusione di dissolvere lo Stato di Israele. Il governo di cui sono alla guida non cederà  sulle esigenze fondamentali dello Stato di Israele e sulle esigenze vitali per il nostro futuro. Ecco perché i palestinesi dovranno cedere. Da Oslo in poi cinque premier israeliani, e io sono il sesto, hanno fatto concessioni, e siamo pronti a una riconciliazione storica, siamo pronti a fare compromessi. Perché non si è mai arrivati a un accordo? Loro non sono disposti a fare le concessioni elementari che devono necessariamente fare».
Alcuni ex alti funzionari hanno criticato pubblicamente le sue affermazioni sul fatto che l’Iran rappresenta una minaccia per l’esistenza di Israele: lei è ancora di questa opinione?
«Un Iran dotato di armi nucleari rappresenta un pericolo per Israele e per il mondo intero. È innanzitutto un pericolo per noi, perché afferma apertamente di voler cancellare Israele dalla faccia della terra, aiuta i terroristi e li rifornisce di migliaia e migliaia di razzi che vengono sparati contro di noi. La minaccia militare convenzionale diventerà  molto più grave se potranno contare sulla protezione di un ombrello nucleare. Per non parlare del fatto che Israele per la prima volta dovrà  fronteggiare una minaccia nucleare. Nessuna persona sana di mente può volersi trovare a fare i conti con una doppia minaccia di questo genere. Dobbiamo fare tutto quello che è in nostro potere per impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari».
Con chi si consulta sulla questione iraniana?
«Farei prima a dirle con chi non mi consulto. Ci sono strutture ben organizzate per discutere del problema. Non ci sono mai state discussioni strutturate e continuative su questo argomento come nel mio governo. Le decisioni sono complesse, non sono semplici. Le discussioni sono sicuramente altrettanto approfondite che in passato, ed è evidente che sono più approfondite che nei Governi precedenti».
(© Israel Hayom 
Traduzione Fabio Galimberti)

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