“Raccoglie il voto di protesta dei giovani senza futuro”

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Roland Cayrol è uno dei più sottili analisti dei comportamenti elettorali dei francesi. E la crescita di Marine Le Pen nell’elettorato giovanile non lo sorprende: «Non si votano i partiti estremisti quando si è vecchi. Il voto estremista è spesso una caratteristica della gioventù».
D’accordo, ma siamo abituati a pensare il voto giovanile come progressista, anche se radicale, ed è più difficile capire l’adesione dei giovani a un partito xenofobo: come lo spiega? 
«Il solo momento in cui i giovani hanno negato di aver scelto Le Pen è stato dopo il voto del 2002, quando il padre eliminò il socialista Jospin e si qualificò per il ballottaggio. Prima di quel voto, nei sondaggi c’era il 25% dei giovani che preferivano Le Pen, anche se poi non li abbiamo ritrovati dopo il voto: c’è stata una specie di vergogna, perché l’ideologia di tutta la società  era antifascista. Oggi che i giovani non hanno una coscienza storica forte, non hanno motivo di avere reticenze particolari nei confronti di un partito banalizzato. Si assiste così a un’ascesa costante».
A votare Marine Le Pen sono soprattutto i giovani e le classi popolari e queste ultime hanno da tempo voltato le spalle alla sinistra moderata: com’è stato possibile? 
«Le stesse cause producono gli stessi effetti, cioè il voto Le Pen e l’astensione. Fra i giovani, in particolare fra quelli delle classi popolari, c’è una specie di certezza: il governo non cambia niente della nostra situazione, non abbiamo niente da sperare dalla politica. Di conseguenza, o si diserta il voto o si lancia un messaggio d’insoddisfazione forte nei confronti del sistema politico. L’astensione sarà  considerevole fra i giovani, ancor più fra quelli dei ceti popolari e ancora di più nelle banlieue: ci saranno borgate in cui il tasso di astensione dei 18-25enni sarà  superiore al 50 per cento. E’ un modo per dire: non vi crediamo più».
Si sente uno smarrimento dell’elettorato rispetto ai principali candidati, come lo interpreta? 
«Da 25 anni c’è un’ascesa dell’insoddisfazione rispetto alla politica e un aumento dell’astensionismo. Cinque anni dopo le presidenziali del 2007 i conti non tornano, la gente è ancor più delusa, ce l’ha con i partiti a vocazione governativa, li accusa di aver mentito e si dice: stavolta non ci casco».


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