“Marcegaglia si sbaglia dal governo un segnale forte”

by Editore | 12 Aprile 2012 7:12

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MILANO – «La riforma del lavoro? È un segnale fortissimo per un Paese così anomalo dal punto di vista delle norme.

Spiega a chi vuole investire da noi che stiamo provando a cambiare». Giuseppe Recchi, presidente dell’Eni e del Comitato investitori esteri di Confindustria è ottimista («da qualche mese sono riprese le acquisizioni straniere in Italia») e sul tema Articolo 18 e dintorni viaggia controcorrente rispetto ad altre anime di viale dell’Astronomia. «Essere riusciti ad aprire un negoziato su un tema delicato come questo – assicura – è un enorme passo avanti».

Eppure il premier Mario Monti se l’è presa per le critiche di Emma Marcegaglia…

«Penso che in questo caso abbia ragione Monti. Il risultato lo vedremo alla fine dell’iter parlamentare. Ma questo governo sta insegnandoci che non possiamo più tirare a campare. Una volta per la politica il rigore era sinonimo di perdita di voti. Oggi stiamo imparando che è vero il contrario: le scelte più difficili come la riforma delle pensioni, se so spiegare dove si vuol arrivare e se riesco a dare obiettivi di crescita per cui ne vale la pena, creano consenso. Un segnale importante per gli stranieri».

Intanto però facciamo i conti con tante imprese italiane che vanno all’estero, verso la Serbia in primis. Come mai? «Il problema non è il costo del lavoro ma la farraginosità  del sistema. Tant’è che ci sono tante imprese che emigrano persino in Svizzera. In Serbia si va perché lì trovi una controparte con cui parlare, in grado di fare promesse credibili e programmare gli interventi. Qui da noi invece c’è una pubblica amministrazione inefficiente dove se tocchi i fili sbagliati sono scintille. Bisogna intervenire anche qui per far capire a tutti che la festa è finita. E ci sono segnali positivi: prenda le iniziative criticate dell’Agenzia delle entrate.

Uno choc che però ha convinto molti che ora si fa sul serio e che è meglio pagare le tasse».

Eppure i mercati continuano a martellarci. Perché? «Per la debolezza della governance delle democrazie occidentali dove non si riesce a coniugare la programmazione e le scelte a lungo termine con la ricerca mensile di consenso. Prenda le indecisioni di Angela Merkel nella crisi dei debiti sovrani e sulla Grecia.

Magari le hanno fatto recuperare qualche voto sul fronte interno ma alla fine hanno trasformato la percezione di un possibile fallimento in un default vero e proprio».

Non c’è da stare allegri…

«Eppure io sono ottimista, specie per l’Italia. Certo qui esiste un’atavica avversione per il successo dell’industria.

Per cui tutti pensano che la riforma del lavoro si traduca automaticamente in migliaia di licenziamenti, il contrario dell’obiettivo di un imprenditore. La realtà  è che l’Ikea ha scelto l’Italia come base per alcuni suoi prodotti da esportare oltrefrontiera. Perché qui abbiamo un tessuto industriale e di genio inestimabile. E non a caso il numero degli imprenditori stranieri interessati all’Italia è in netto aumento.

Dobbiamo incoraggiarli. E dopo pensioni e lavoro, le prossime priorità  sono l’efficienza della pa e la riforma della giustizia civile. Il lavoro del ministro Severino mi pare un’ottima base di partenza».

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