“Ho rivissuto il dramma di mio marito si allunga la lista delle vedove bianche”

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BOLOGNA – «Certo, ho saputo cosa è successo in Sardegna. Mi si è gelato il cuore. Ho pensato “ecco un altro poveraccio che se n’è andato”. Proprio come il mio Giuseppe un mese fa. Hanno scritto che mio marito s’è ucciso per i debiti. È vero solo in parte. S’è ammazzato perché per lo Stato lui era solo un numero. Non era più un uomo, ma una cartella esattoriale. E lo hanno già  dimenticato. Io? Sono senza lavoro. E non mi ha cercata nessuno».
Tiziana Marrone è la moglie di Giuseppe Campaniello, l’artigiano che il 28 marzo scorso si è tolto la vita dandosi fuoco davanti alle sede delle commissioni tributarie di Bologna. Era sotto processo per i debiti. Ora Tiziana sta lottando perché quella del marito non diventi una morte “inutile”: il 4 maggio sfilerà  a Bologna con una bandiera bianca in pugno, assieme alle vedove degli imprenditori che si sono uccisi per la crisi in tutto il Paese.
Sarete in tante.
«Troppe. Per questo vogliamo farci sentire. Giuseppe è una vittima del lavoro che non c’è, ma anche il bersaglio di uno Stato che non ascolta e sa solo chiedere. La nostra è la battaglia di tutti gli italiani che si trovano nella mia condizione, delle vedove e delle famiglie che non sanno più dove sbattere la testa per pagare i debiti. I nostri governanti devono saperlo».
Cosa chiede?
«Leggi più giuste. Vera equità  per tutti. Lo dico a nome delle “vedove bianche” che si stanno raccogliendo attorno alla nostra piccola associazione. A me basterebbe poco. Un lavoro “normale”».
A Bologna e in altre città  italiane l’Agenzia delle Entrate ha deciso di aprire uno sportello per i “casi controversi” dei contribuenti. Qualcuno si è messo in contatto con lei?
«Assolutamente no. Dopo i primi giorni, le parole della politica e delle istituzioni, siamo stati dimenticati. Nemmeno una telefonata. Chissà  cosa pensano lassù, dietro le finestre di quegli uffici, guardando la macchia nera lasciata dalla macchina carbonizzata di mio marito».
Giuseppe ha lasciato due lettere: una per lei, l’altra per gli uffici tributari.
«Sì, una lettera di scuse. A me ha scritto “Cara, non voglio svegliarti, oggi è una brutta giornata”. La porto sempre con me. Nell’altra, le scuse al Fisco e una richiesta: “Ora lasciate in pace mia moglie”. Lo hanno condannato col loro silenzio».
Suo marito aveva un contenzioso col Fisco piuttosto consistente: 105 mila euro solo per il 2006…
«Era una persona onesta, se ha sbagliato lo ha fatto in buona fede, e gli errori li ha pagati con la vita».
E ora?
«Prima o poi verranno a cercarmi per chiedermi conto di quei quattrini. I signori del Fisco vorranno qualcosa da me. Chiedo un lavoro, nessuna carità . Se Giuseppe fosse stato una persona nota, forse gli avrebbero concesso una dilazione. Ma ha trovato un muro di gomma».


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