by Sergio Segio | 30 Aprile 2012 6:38
Esterno giorno, Parigi bagnata di pioggia, previsioni di maltempo fino a domenica, proprio come nel 1981, quando venne eletto il primo e finora unico presidente socialista della Quinta repubblica. Intorno a un tavolo della brasserie Rostand, a pochi passi dalla Sorbona, quattro giovani militanti socialisti discutono di questa nuova vigilia elettorale. Età compresa tra i 19 e i 28 anni, sono un piccolo campione di quella massa d’urto giovanile che facendo campagna in ogni modo, nei mercatini, sul web, in licei e università , è diventata il segreto meglio custodito dell’ascesa di Franà§ois Hollande.
Speranza è davvero la parola chiave, ribadisce Hadrien. «Perché siamo la generazione a cui non è promesso un futuro migliore dei nostri padri». Lina si stringe nella giacchetta blu. «Vogliamo l’esatto contrario di questo presidente che ha pensato solo ai ricchi, attizzando l’odio, la violenza, le divisioni» dice ricordando gli insulti ai giovani di banlieue, la caccia ai rom, ai sans papiers. «E tanto basta». Sébastien, il più vecchio della compagnia, ricorda con orrore un’altra domenica di maggio, la sua prima volta al seggio. Nel 2002 il suo battesimo politico fu il voto obbligato a Jacques Chirac contro Jean-Marie Le Pen, dopo che il socialista Lionel Jospin era stato eliminato al primo turno. «Questa volta, se permettete, tentiamo di essere protagonisti, non più comparse».
Una gauche con i piedi per terra. Post-ideologica e pragmatica. Al posto dei sogni, la Generazione H si accontenta di difendere qualche certezza. Le parole d’ordine sono posto fisso, diritto alla casa, allo studio. L’idea tutta francese del servizio pubblico ora «minacciata dal neoliberismo anglosassone». Hadrien, Sébastien, Lina e Florence non hanno ancora un lavoro ma già pensano alla pensione, sono scesi in piazza con i sindacati contro qualsiasi ipotesi di riforma. Né indignati, né rassegnati. Credono nei partiti e non a caso si rispecchiano in un uomo di apparato. Davanti a un caffè, si chiamano camarade, compagni, amano cantare la Marsigliese alla fine dei comizi «perché non è un inno della destra». Leggono poco i giornali, s’informano sul web, ascoltano la radio e non vedono la televisione. Conoscono solo l’euro, hanno studiato viaggiando con l’Erasmus, non si ricordano di quando c’erano le frontiere europee. Prima di Schengen, una vita fa.
Non hanno mai visto la sinistra al potere, l’ultimo governo socialista se n’è andato nel 2002. E ora si ritrovano in casa un improbabile eroe a sorpresa, al quale neppure loro credevano. «Invece ho scoperto che Hollande il carisma ce l’ha – racconta Lina – mi ha fatto venire la pelle d’oca durante il suo discorso d’investitura». Sul megaschermo scorreva un video. Quasi due secoli di socialismo, dalle lotte operaie alla resistenza, da Jean Jaurès fino a Franà§ois Mitterrand. «Mi ha fatto piangere» ricorda Hadrien. Un ritorno alle origini. Tra questi ragazzi è ferma la convinzione che il Ps non abbia bisogno di «terze o quarte vie» all’inglese, non debba guardare alle socialdemocrazie scandinave. Niente contaminazioni, solo la rivendicazione della propria tradizione.
Mitterrand aveva fatto dell’abolizione della pena di morte la sua misura-simbolo. Hollande invece ha messo proprio i giovani al centro del programma. Un insieme di promesse che saranno difficili da realizzare in un paese in cui un ragazzo su quattro sotto ai 25 anni è disoccupato, gli studi non aprono più le porte nel mondo del lavoro, il famoso “ascensore sociale” si è rotto. «Ma almeno – spiega Hadrien – ha avuto il coraggio di dire che l’austerità ci porta contro un muro e in Europa adesso stanno cominciando a capirlo». Florence incarna una crisi di rigetto. Per lei non c’è neppure bisogno di mettere in fila gli argomenti politici. «Tutte le persone che cerco di convincere mi rispondono già che voteranno socialista. Basta che Sarkozy dégage, se ne vada». Hadrien sorride, e racconta di avere amato ogni momento delle notti trascorse ad affiggere i manifesti di Hollande sopra a quelli del presidente uscente. «Che soddisfazione». Sarkò, il presidente giovanilista più odiato dai giovani, come testimoniano le analisi sul voto del primo turno.
Certe volte l’unione è fatta anche dal nemico comune. L’antisarkozismo ha segnato, nel bene o nel male, la generazione che domenica prossima va a votare. Ci sono diverse gradazioni di sinistra in questo quartetto più eterogeneo di quel che possa apparire. Florence si definisce «femminista» nonostante la giovane età . «Sarkozy ha osato dire che potrebbe servire il consenso dei genitori per prendere la pillola. Un’assurdità ». Più che davanti all’Eliseo, questi ragazzi la sera del 6 maggio sperano di ritrovarsi alla Bastiglia, come accadde nel 1981. Sébastien ha chiesto alla madre, insegnante e gauchiste, di raccontare i suoi ricordi. Poi l’ha bloccata. «Ora tocca a noi avere il nostro momento indimenticabile». Hadrien, Lina, Sébastien e Florence ripetono spesso la parola “progresso”. Ma oggi combattono una battaglia di posizione, per mantenere i diritti acquisiti, le conquiste del passato. L’isola che non c’è dei giovani hollandisti si chiama status quo, conservare quel che c’è. Almeno quello.
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