Processo agli ideatori dell’11 settembre Verso la pena di morte
WASHINGTON — L’11 settembre 2001 scompare e ritorna. E quando Al Qaeda sembra un’etichetta sbiadita, spunta un fatto a rammentare cosa ha rappresentato in questi anni. Le autorità Usa hanno annunciato il procedimento giudiziario davanti a una corte militare dei 5 terroristi accusati di aver pianificato l’attacco. Se riconosciuti colpevoli potrebbero finire sul patibolo. Una conclusione auspicata — almeno a parole — da alcuni di loro. Compreso Khaled Sheikh Mohammed ritenuto dagli Usa il «manager» che ha studiato il piano, sotto la guida di Osama. Oltre a Ksm — come è stato ribattezzato — nella gabbia degli imputati siederanno Ramzi Binalshib, Waleed bin Attash, Ali Abd Al Aziz Ali e Mustafa Al Hawsawi, il cassiere del gruppo. Tutti detenuti nella sezione speciale del campo di prigionia di Guantanamo, l’enclave americana a Cuba. Entro 30 giorni saranno convocati per ascoltare i capi di accusa.
Il rinvio a giudizio segue un percorso tortuoso affrontato dalla Casa Bianca. Tra le promesse elettorali di Barack Obama c’erano la chiusura di Guantanamo e il trasferimento di centinaia di presunti terroristi in prigioni sul territorio nordamericano. Mosse che avrebbero dovuto portare a un processo civile. E a questo proposito si era parlato di New York come sede. Ma i progetti presidenziali, sostenuti dagli ambienti liberal, si sono arenati. L’opposizione di vasti ambienti della società , il muro dei repubblicani e problemi diversi (legati alla sicurezza e al sistema giuridico) hanno costretto la Casa Bianca prima a sospendere il piano, quindi a rinunciarvi. Il processo militare è rimasto la sola strada. Una scelta contestata dai gruppi per i diritti civili, che auspicavano la fine dell’emergenza nella lotta al terrorismo: «Quale sia il verdetto, risponderà a pratiche non eque». Contenti quanti ritengono che i militanti vadano giudicati come «criminali di guerra».
Sarà interessante vedere se durante il giudizio usciranno aspetti poco esplorati. In particolare i rapporti tra la cellula responsabile dell’attacco e personalità vicine alla casa reale saudita. Diversi esperti — e famiglie delle vittime — hanno rilanciato le accuse contro alcuni personaggi ritenuti i veri finanziatori.
Dal fronte americano a quello tedesco. Con un messaggio sul web i militanti di Aqim, fazione qaedista che agisce nel Maghreb, hanno minacciato di colpire nel cuore della Germania se non verrà rilasciata una loro complice: «Un nuovo Merah (il killer di Tolosa, ndr) è pronto».
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