by Editore | 3 Aprile 2012 6:30
Tanto che il progetto Posco è diventato una sorta di test: sarebbe il più cospicuo investimento diretto straniero ad arrivare in India da sempre, in particolare da quando il paese ha avviato la lliberalizzazione vent’anni fa: 12 miliardi di dollari. Ma quel progetto di grande acciaieria con vicino un porto dedicato è osteggiato dalla popolazione dei villaggi che sarebbero costretti a sloggiare per far posto alla nuova impresa.
La protesta coinvolge gli abitanti di alcuni municipi rurali nel delta del fiume Mahanadi, distretto di Jagatsinghpur. Il complesso industriale richiede 3.000 acri di terreno, poco più di 1.200 ettari, in una zona densamente abitata e coltivata. Otto villaggi in tre municipi rurali, con almeno 25mila persone, resteranno senza terra da coltivare né accesso al fiume per pescare, e in parte anche senza case; due municipi su tre infatti hanno formalmente votato contro la cessione delle terre.
Dopo una lunga trafila di indagini, ricorsi e valutazioni ministeriali, il 2 maggio scorso il ministero dell’ambiente di New Delhi (allora era in carica il mnistro Jairam Ramesh) ha autorizzato il «cambiamento d’uso» di quelle terre, sia pure con alcune condizioni: e sembrava l’ultimo atto, perché dal lavor del governo dell’Orissa tutte le concessioni erano già pronte. La resistenza sul terreno però è continuata.
Gli abitanti di quei villaggi sono tornati a barricarsi nel loro circondario, come avevano già fatto in passato. Ed è contnuata anche la battaglia legale, con un ricorso presentato nel giugno scorso da attivisti del «Comitato contro il progetto Posco» (Posco Pratirod Sangram Samiti) al Tribunale nazionale per l’ambiente. Ed è proprio esaminando questo ricorso che il Tribunale, una sorta di corte d’appello per questioni ambientali, ha decretato che il progetto sia sospeso fino a quando sarà completata un riesame completo del suo impatto.
La sentenza sottolinea che il progetto parla di una produzione annua di 12 milioni di tonnellate di acciaio, ma le valutazioni d’impatto ambientale contìdotte sono state fatte su 4 milioni di tonnellate. Dice che «un progetto di questa magnitudine e in partnership con un paese straniero» richiede dati e valutazioni più rigorose. Ed elenca una serie di problemi irrisolti: l’impatto del progetto industriale sulla riserva di acqua potabile in quella regione così popolata, il trattamento dei reflui dell’acciaieria, che le valutazioni finora fatte lasciavano per il futuro. L’impatto sull’ecosistema di zona umida e mangrovie di quel delta fluviale, il rischio di cicloni…
Il governo e la Posco possono fare appello, e probebilmente lo faranno. Intanto però c’è un ordine di sospensione: e si sllenterà la pressione su quei villaggi assediati (in senso figurato e talvolta letterale) da funzionari governativi che vogliono fare misurazioni e aprire cantieri. Per il Comitato anti-Posco è una vittoria.
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