Pompei, un cantiere da cento milioni è l’ultima carta

by Editore | 6 Aprile 2012 9:33

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Toglie dagli stipendi, dalle pensioni, dai diritti ma dà  anche soldi per un piano da 105 milioni di euro (41,8 milioni fondi Ue e 63,2 nazionali) per la riqualificazione di uno dei beni dell’umanità . Un’occasione, certo, a patto però di arrivare vivi al 31 dicembre 2015, data prevista per la fine dei lavori. Con il premier erano presenti anche quattro ministri: la titolare degli Interni, i ministri dei Beni culturali, della Coesione territoriale e dell’Istruzione. L’ordine di scuderia è collaborazione massima con gli enti locali, presenti i sindaci di Napoli e Pompei, il governatore campano, assente il presidente Pdl della provincia Luigi Cesaro: molto vicino a Nicola Cosentino, forse è rimasto in panchina per non guastare la foto di gruppo.
I primi 5 bandi impegneranno 6 milioni di euro. Pubblicati ieri, riguardano il restauro di 5 domus (la Casa di Sirico, del Marinaio, dei Dioscuri, delle Pareti rosse, del Criptoportico), la messa in sicurezza del terrapieno ai confini con via dell’Abbondanza, quello interessato dai maggiori crolli (come il collasso della Schola Armaturarum) a causa delle acque piovane ma anche di interventi eseguiti con ruspe e bob cat all’epoca del commissariamento. Entro luglio poi saranno pubblicati i bandi (10 milioni di euro) per le Regiones maggiormente a rischio, la VI, VII, VIII; per le altre le gare partiranno entro il 31 dicembre 2012 con un budget di ulteriori 7 milioni di euro. La durata delle procedure di gara sarà  ridotta dal 30 al 50%. Gli obiettivi sono «contrastare l’altissimo rischio idrogeologico – spiega per il Mibac Antonia Pasqua Recchia -, rendere sopportabile il carico antropico per la parte di sito aperta al pubblico, mettere in sicurezza i vecchi restauri. Va evitato l’errore di procedere con interventi violenti, meglio una manutenzione programmata». Naturalmente anche attrarre un maggior flusso turistico e attivare sul territorio iniziative imprenditoriali. Dei 105 milioni, 8,2 saranno investiti nella diagnostica; 85 per il consolidamento delle opere; 7 milioni nei servizi; 2 per sicurezza e videosorveglianza; 2,8 per il rafforzamento della struttura organizzativa e tecnologica della Soprintendenza. I lavori verranno effettuati a sito aperto al pubblico. Ogni fase del progetto verrà  vagliata dal superprefetto Fernando Guida che, con una apposita task force, collaborerà  con la Soprintendenza di Napoli e Pompei (Stazione appaltante) al controllo di gare e contratti.
Persino la cornice dell’incontro è stata scelta per enfatizzare il protocollo di legalità  anticriminalità  sottoscritto ieri (sul modello dell’Expo 2015) anche se i danni a Pompei, stando alle inchieste, non sono venuti dai clan ma dalla cricca che ruotava intorno alla Protezione civile. Un sistema integrato che dovrà  assicurare trasparenza delle procedure di gara; monitoraggio degli appalti, servizi e forniture; tracciabilità  dei flussi finanziari; controlli dei cantieri. La Soprintendenza dovrà  istituire entro 30 giorni una Banca dati relativa alle verifiche antimafia prima dei contratti, anche per importi bassi. Tracciabilità  di soldi, materiali e persone la filosofia. Una parte del piano, con procedure semplificate, è dedicata alla partecipazione degli sponsor, ma «la regia sarà  dello stato» ha ribadito il ministro Lorenzo Ornaghi. Resta il fatto che la Fillea-Cgil regionale, con Giovanni Sannino, ha più volte chiesto di eliminare le gare al massimo ribasso, facendo notare che un meccanismo come il protocollo di legalità  funziona se diventano operative tutte le sue parti (a Milano si sono già  riscontrati i primi intoppi). Infine, nessun protagonismo di Invitalia, agenzia in house dei ministeri, a scapito degli addetti ai lavori, precisa la soprintendente Teresa Cinquantaquattro: «Ci sentiamo supportati, non scavalcati». Speriamo solo che ci si ricordi di assumere i manutentori.

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