Paura Spagna, lo spread a 360 Draghi: Italia bene, ora la riforma

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FRANCOFORTE — Mario Draghi, presidente della Bce, non cambia la diagnosi dell’economia europea, pur mettendone in luce la fragilità  e il «prevalere dei rischi al ribasso» in vista di una ripresa che avverrà  «gradualmente» a partire dalla seconda metà  dell’anno. Ma ieri è stata una giornata strana per i mercati: sono tornate le tensioni sui titoli del debito sovrano, in particolare della Spagna, dove sono andate male le aste in programma, e al seguito dell’Italia dove lo spread tra i rendimenti dei Btp decennali e i Bund tedeschi di uguale durata è tornato a riallargarsi a 358 punti base mentre i listini hanno fatto un ennesimo tonfo a fine seduta. «I mercati aspettano dai governi il completamento e l’attuazione delle riforme» spiega Draghi che nel corso della conferenza stampa al termine del Consiglio della Bce si sofferma sull’Italia dove si stanno discutendo le nuove regole per il mercato del lavoro.
«A partire da novembre sono stati fatti progressi straordinari» non solo riguardo ai mercati finanziari ma anche in politica economica sui due fronti del riequilibrio dei bilanci e delle riforme strutturali. Ma il «lavoro non è finito», bisogna completarlo perché occorre che «cominci a produrre crescita» osserva allargando lo sguardo anche agli altri paesi europei impegnati come il nostro a risanare i conti publici e ad adeguare le normative. Insomma una volta di più il numero uno della Bce esorta i governi, l’italiano in testa, a non fermarsi. Ed è ancora anche all’Italia che si riferisce, pur non citandola, quando suggerisce più flessibilità  nel mercato del lavoro. «Io condivido il modello sociale europeo, credo nei valori dell’inclusione e della solidarietà , ma in alcuni paesi con le regole attuali è diventato insostenibile» afferma chiarendo che a dover cambiare sono i paesi in cui è alta la disoccupazione giovanile, e cioè appunto l’Italia e la Spagna. Perché, spiega, bisogna superare il dualismo, per cui «una parte dei lavoratori ha tutte le protezioni e l’altra, principalmente i giovani, viene assunta con contratti a breve termine e senza protezione»: per questa ragione «servono riforme che non solo liberino energie ma distribuiscano in modo più equo la flessibilità , ora concentrata tutta sulla parte giovane della popolazione» aggiunge in grande sintonia con quanto nelle stesse ore sottolinea a Roma il premier Mario Monti.
Draghi si sofferma anche sul tema del credito bancario all’economia che continua ad essere fornito al contagocce alle imprese nonostante la Bce abbia inondato di liquidità  le banche europee con due mega aste a tre anni (Ltro). «Abbiamo evitato il credit crunch», ripete e poi riferendosi alle proteste delle piccole imprese, che sono particolarmente sostenute in Italia, sostiene che alle operazioni realizzate a Francoforte hanno partecipato moltissime (quasi 500) banche regionali, quelle cioè più vicine al territorio e alle piccole imprese. «C’è bisogno di tempo» dice e spiega che le banche «non prestano denaro essenzialmente per quattro ragioni: se non hanno funding, risorse, e questo la Bce lo ha risolto; se non hanno abbastanza capitale, ma di questo non se ne può occupare Francoforte; per l’avversione al rischio di controparte e soprattutto per la mancanza di domanda, ma questo non è di competenza della Bce se non attraverso la decisione di mantenere i tassi di interesse a breve molto bassi». Cosa che peraltro è stata fatta, anche se per ora non sono in vista ulteriori tagli. 
Draghi comunque sostiene che le due mega aste abbiano ridato fiato al credito e delude le sollecitazioni espresse dalla Bundesbank e rilanciate dalla stampa tedesca per una definizione di un programma di rientro dalle misure straordinarie di politica monetaria. «E assolutamente prematuro parlare di exit strategy» afferma ricordando gli affanni dell’economia dell’eurozona e le previsioni dell’inflazione sopra il 2% per tutto il 2012. La sua affermazione non sorprende ma contribuisce ad alimentare il nervosismo delle Borse già  in calo per il peggioramento del quadro economico e per la deludente asta dei titoli spagnoli: Londra ha perso l’1,4%, Francoforte e Parigi l’1,94% e Milano l’1,2%.


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