Oggi l’amnistia è un atto riparatore
Posto che a oggi vi sono circa 21 mila detenuti in più rispetto ai posti letto regolamentari, proseguendo di questo passo ci vorranno una ventina di anni per tornare alla legalità penitenziaria, sempre che non sopraggiungano nuove leggi che ci facciano fare qualche capriola all’indietro. Ci vuole ben altro rispetto a quanto finora deciso.
Siamo consapevoli che vi è stata una inversione di rotta rispetto ai tempi in cui il ministro della Giustizia era Roberto Castelli, quello che minimizzò i fatti di Bolzaneto e che definì le carceri «hotel a cinque stelle». Ma ugualmente ci sentiamo di dire che i provvedimenti finora assunti sono dei palliativi. Nei giorni scorsi è iniziata la discussione di un altro disegno di legge del governo alla camera. Contiene proposte sulla messa alla prova, sul sistema delle sanzioni e sulla depenalizzazione. Ci è molto dispiaciuto vedere come la proposta che arrivava da un cartello molto ampio di organizzazioni, e promossa in quella circostanza dalla deputata radicale Rita Bernardini, non sia stata presa in esame. Il sottosegretario alla Giustizia Mazzamuto, chiamato a spiegare la norma sulla depenalizzazione, l’ha definita non utile a ridurre i numeri della popolazione detenuta in eccesso. Anche questa proposta del governo, pur di buon senso, rischia di essere pertanto un palliativo. È inutile girarci intorno. Il toro va preso per le corna, e le corna sono le leggi ideologiche sull’immigrazione, sulla recidiva e sulle droghe.
La questione delle droghe è paradigmatica. Il 37% dei condannati in Italia ha violato la legge Fini-Giovanardi. In Germania la legge tedesca sulle droghe produce il 15% dei detenuti condannati. Ai tempi dello spread ci piacerebbe scendere alle percentuali tedesche. C’è solo una depenalizzazione che ha senso: quella delle pratiche di consumo di droga e dello status di immigrato.
Le condizioni di vita nelle prigioni sono drammatiche. Grazie a un appello che Antigone e manifesto lanciarono insieme nel 2010, sottoscritto tra gli altri da Rita Levi Montalcini, Stefano Rodotà , Valerio Onida, Lucia Annunziata, Bianca Berlinguer, Rosaria Capacchione, Gian Antonio Stella, le carceri si sono aperte ai giornalisti. Questi hanno potuto documentare come si vive dentro, in assenza di spazio, di luce, di personale socio-educativo, di salute, di igiene, assenza di diritti e di dignità umana. Così la tv pubblica e le grandi testate hanno potuto testimoniare la vita nelle galere e negli ospedali psichiatrici italiani.
I decisori politici non possono più nascondersi dietro la mancanza di informazioni. Le carceri devono continuare a restare aperte ai giornalisti. Non devono mai essere luoghi oscuri, inesplorati. Nel buio aumentano le tentazioni di violenze. Il sovraffollamento non è una calamità naturale. Il 25 aprile Marco Pannella e i radicali hanno lanciato la marcia per l’amnistia, la giustizia e la libertà . In una situazione compromessa come quella attuale, l’amnistia è un atto riparatore di giustizia sostanziale. Avrebbe la forza di riportare il sistema penitenziario nella legalità dei numeri. Numeri, che va ricordato, nelle galere corrispondono a vite umane.
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