Monti in visita allo Yad Vashem “Sono sconvolto, basta antisemitismo”

by Editore | 10 Aprile 2012 6:47

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GERUSALEMME – «Commosso e sconvolto», allo Yad Vashem Mario Monti esprime l’emozione con parole che dietro un velo di freddezza tradiscono il calore e l’accuratezza con le quali sono state scelte. Vestito blu e cravatta azzurra, la moglie Elsa al fianco, a Pasquetta il premier resta al Memoriale della Shoah di Gerusalemme un’ora più del previsto. Nella sala della Rimembranza – kippah in testa – ravviva la “fiamma eterna” in ricordo dell’Olocausto. Poi accosta il libro degli ospiti d’onore, dalla giacca tira fuori un foglietto scritto di suo pugno all’alba e ricopia accuratamente il contenuto sul tomo del Memoriale. 
Mezzo in inglese, mezzo in italiano: «L’Italia rinnova il suo impegno a tenere viva nella società  civile la consapevolezza contro ogni insorgere di antisemitismo». E ancora, «la memoria parli alle nuove generazioni affinchè tragedie del genere non si ripetano». Olocausto ed antisemitismo erano già  piombati sulla delegazione italiana in viaggio in Medio Oriente. Dopo una prima tappa in Libano, sabato, Monti arriva a Gerusalemme. Messa di Pasqua nella basilica del Santo Sepolcro. Quindi un incontro con il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. Il falco israeliano, proprio nei minuti in cui il ministero degli Interni chiudeva le porte del Paese a Gà¼nter Grass, nel segreto della bilaterale si lancia in uno sfogo contro il Nobel tedesco: la sua poesia contro la politica israeliana sull’Iran «è un esempio del rischio del perdurare dell’antisemitismo». E ieri, dopo la visita allo Yad Vashem, parlando al Tempio italiano Monti ha definito «atroci» le leggi razziali del 1938. 
Intanto oggi si chiude la prima missione puramente diplomatica del professore. Nello scenario israelo-palestinese il premier rifiuta sbandamenti a destra o sinistra (non mancati in passato) e porta l’Italia perfettamente al centro dell’ortodossia dipomatica dell’Ue. Se (domenica) incontrando Abu Mazen a Ramallah dice che Roma «non riconosce nessuna modifica dei confini rispetto a quelli del 1967», a Cesarea con il premier Bibi Netanyahu condivide «la viva preoccupazione per il programma nucleare iraniano». Lancia iniziative volte ad intensificare i rapporti tanto con lo Stato ebraico quanto con l’Anp.
Domenica sera al King David hotel di Gerusalemme Monti è ospite del presidente Shimon Peres, che di fronte a una quarantina di invitati (parterre tra finanza e diplomazia) lo accoglie calorosamente: «Lei ispira fiducia nella gente che sente di essere nelle mani di un uomo onesto». Il professore risponde sfoderando l’ormai consueto armamentario del “credi-Italia”, la spiegazione delle riforme approvate per ridare fiducia nel Paese presso le élite straniere. 
Ieri dopo lo Yad Vashem e una visita a Betlemme, il trasferimento al Cairo. In un Egitto in bilico tra democrazia e oscurantismo, chiede al premier el Ganzouri (parlando indirettamente anche agli islamisti) di impegnarsi «nel rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà  religiose». Nel mezzo di una pittoresca conferenza stampa animata dal caotico interloquire tra padrone di casa e cronisti locali, l’Italia chiede il rispetto del trattato di pace con Israele e batte con forza su un punto chiave: garantire i nostri investimenti all’ombra delle piramidi.

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