Monasterace resiste. Carmela Lanzetta ritira le dimissioni

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MONASTERACE (RC) – Sarà  pur vero che na nuci ‘nta nu saccu no scrusci, come stampato sulla maglietta che lei orgogliosamente mostra. Sarà  pur vero che non si può realizzare da soli ciò che si potrebbe realizzare in molti. Ma la noce di Maria Carmela Lanzetta, sindaca di Monasterace, rumore ne ha fatto, eccome. E ha catapultato su di sé l’attenzione di mezza Italia.
Quando il segretario nazionale del Pd, Pierluigi Bersani, giunge a Monasterace sa di avere un compito ben preciso: «Portare solidarietà  a lei e a tutti gli amministratori locali che hanno subito minacce e pressioni». Un elenco lungo, sterminato: oltre cento attacchi, solo nel 2011, tra attentati, omicidi, tentati omicidi, lettere minatorie, aggressioni, danneggiamenti. Una «Calabria messicana» che fa scalpore. E che imporrebbe una risposta ferma, e non tentennante, da parte dello Stato. Soprattutto una volta spenta la luce dei riflettori. 
Carmela Lanzetta non è (e non vuol essere) una star della politica, ma un’amministratrice seria e rigorosa a cui la malavita vorrebbe mettere il bavaglio. Le hanno danneggiato la farmacia di cui è titolare e, non paghi, hanno sparato una raffica di revolverate contro la sua auto e la sua abitazione. Un clima intimidatorio che l’ha spinta a rassegnare le dimissioni. La zona è quella dell’alta Locride, un’area che si incastra tra la provincia di Reggio e quella di Catanzaro. Da queste parti, sulle alture dell’antica Kaulon, comandano i Ruga-Metastasio. Negli anni Ottanta la cosca Ruga era conosciuta come una delle succursali della anonima sequestri calabrese. Un pentito, Franco Brunero, dichiarò che la ‘ndrina di Monasterace aveva progettato di sequestrare anche l’allora imprenditore e finanziere Silvio Berlusconi («…era stata pure fissata la cifra del riscatto, venti miliardi, un grosso affare che doveva impegnare tutti i 44 membri della banda e mobilitare tutte le succursali dell’anonima sequestri della zona ionica reggina»). Ma da allora i Ruga si sono trasformati: da clan “coppola e lupara” a mafia d’impresa.
L’altro ieri, in un paese ancora frastornato dalle dimissioni della sindaca, la Guardia di finanza di Reggio ha sequestrato beni per 5 milioni, tra società , beni mobili, immobili, titoli e contanti, per intero riconducibili a Cosimo Leuzzi, definito dagli inquirenti «un mafioso imprenditore», di recente condannato per associazione mafiosa nel processo Crimine, in qualità  di esponente apicale delle cosche dell’alta Locride. Una nuova mafia, dunque, che intrattiene rapporti con le pubbliche amministrazioni, che si traveste, si mimetizza, veste i panni dell’imprenditore o del promotore finanziario, ma che non lesina «una non indifferente propensione al sopruso e alla violenza». 
In questo contesto da far spavento, Monasterace ha vissuto ieri una giornata campale: la visita di Bersani e nel tardo pomeriggio quella dell’Antimafia. Intorno a Carmela Lanzetta si sono stretti 42 sindaci locridei, guidati da Ilario Ammendolia, primo cittadino di Caulonia. Bersani si è intrattenuto a colloquio con Lanzetta e il folto gruppo di sindaci per due ore. Al termine, la sindaca ha annunciato il ritiro delle sue dimissioni, «ma in attesa degli eventi, perché fra tre mesi voglio verificare quanto si sarà  concretizzato di ciò che è stato detto in questi giorni».
Rimane dunque al suo posto, nel palazzo comunale di piazza Celestino Placanica, ma con riserva. La stessa che hanno manifestato i sindaci dopo aver minacciato dimissioni in blocco (come già  accaduto nel 1989 per protesta contro lo Stato definito «latitante», ai tempi del sequestro Casella). «Sono rimedi estremi da usare con la massima cautela. Le dimissioni di massa sarebbero la sconfitta della democrazia – spiega al manifesto Ammendolia – un gesto estremo da ponderare a cui arrivare dopo aver valutato tutte le conseguenze non in solitudine ma con un sostegno di popolo».
I sindaci della Locride, tramite l’Anci, chiederanno un incontro al capo dello stato per esternargli le difficoltà  in cui opera «la prima linea in una terra di frontiera». Intanto, resistono e «il prossimo 25 aprile esporremo un tricolore a lutto in ogni municipio. Un nastro nero per ogni morto ammazzato dalla mafia. Perché questa è la nostra resistenza, resistere alla violenza, alla ‘ndrangheta, resistere a questo Stato ingiusto e a volte colluso».
La stessa resistenza di Peppino Impastato, un cui libro Mimmo Lucano, il sindaco di Riace simbolo della lotta al razzismo, ha voluto regalare a Maria Carmela Lanzetta. Per non dimenticare che «la mafia è una montagna di merda».


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