Meno fondi e meno spazi, ma tanti incontri sul futuro del libro
È il Salone del Libro al tempo della crisi, quello presentato ieri al Teatro Regio di Torino, che dal 10 al 14 maggio celebrerà al Lingotto la sua venticinquesima edizione con i nuovi linguaggi digitali a fungere da tema portante e la Romania e la Spagna in veste di nazioni in passerella. La crisi, però, c’è e si vede, non soltanto perché gli organizzatori della kermesse chiederanno a Mario Monti, che di recessione se ne intende, di venire a inaugurarlo. Rolando Picchioni, presidente della fondazione che la promuove, non vuole sentire parlare di una fiera in cassa integrazionee dice: «Ho sempre preferito guardare avanti; la battaglia è più che mai difendere l’idea che il libro deve essere una commodity, un presidio di prima necessità ». Ma le cifre sembrano smentirlo.
Intanto la Fondazione per il libro, la musica e la cultura ha già preso atto che di soldi non ce ne saranno troppi. Il Comune di Torino, il maggiore finanziatore pubblico, taglierà il venti per cento, passando da un milione di euro a 800 mila.
La riduzione dei fondi porta, tra le altre cose, a rinunciare al grande spazio espositivo dell’Oval, troppo costoso, che l’anno scorso aveva o s p i t a t o l a mostra «L’Italia dei Libri». E i numeri forniti sempre ieri dall’Associazione Italiana Editori (AIE) sul mercato editoriale, non fanno altro che rafforzare l’idea di un Salone dimagrito. Si va dal 28,8 per cento in meno nella produzione italiana di novità librarie, fra il marzo del 2011 e il febbraio scorso, alla diminuzione della lettura, dal 2010 al 2011, del 2,7 per cento. In compenso crescono i lettori di e-book, che sono passati dai 350 mila dell’ultimo trimestre del 2010 a 1,1 milioni del 2011.
Anche per queste ragioni la «Primavera digitale» è il logo e il denominatore comune della Librolandia 2012, che vedrà il debutto, nello spazio del «Book to The Future»», di tre big, o player come si dice, del calibro di Amazon, Nokia e Trekstor, oltre a varare lo sbarco del Salone stesso su Twitter. Nonostante tutto ciò, la manifestazione di Torino snocciola, pure stavolta, un programma di tutto rispetto, dove peraltro, incredibile ma vero, tra i 1200 editori presenti se ne annoverano una cinquantina di nuovi. Gli ospiti di maggiore fama, attesi a maggio, sono una marea. Tra gli stranieri si va da Tahar Ben Jelloun a Henning Mankell, da Hans Magnus Enzesberger ad Amitav Ghosh, da Patrick McGrath a Luis Sepàºlveda e a Elizabeth Strout, senza scordare i romeni come Norman Manea e gli spagnoli & catalani, un esercito composto da Javier Cercas, Pérez-Reverte, Savater, Vila-Matas, Almudena Grandes, Rosa Montero, la Giménez-Bartlett. Se una mostra celebra i 25 oggetti che hanno segnato la storia di Torino, dalla sentenza giudiziaria per il rogo della Thyssen alla torcia olimpica del 2006, il cartellone degli scrittori italiani ne contempla decinee decine. Nel mare magnum spiccano i ricordi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, un’iniziativa di «Trame di memoria», il festival dei libri sulle mafie; e le lezioni magistrali di Claudio Magris, di Alessandro Baricco, di Raffaele La Capria, oltre ai dialoghi sul futuro della democrazia nell’era dell’antipolitica fra Stefano Rodotà e Carlo Galli, e quello fra Ezio Mauro e Gustavo Zagrebelsky. È annunciato infine l’arrivo di Roberto Saviano e di Fabio Fazio, forse all’Auditorium del Lingotto, che in quei giorni saranno comunque alle ex Ogr (Officine Ferroviarie) torinesi per il loro programma televisivo in diretta.
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