Maroni in procura va in visita di cortesia
MILANO L’ex ministro incontra spontaneamente i magistrati: «Bossi è stato raggirato» Il capo del Carroccio annuncia che il partito ha intenzione di costituirsi parte civile: «Siamo parte lesa». E continua a difendere il senatùrLa migliore difesa è l’attacco. Il giorno dopo la mezza investitura di Bergamo, Roberto Maroni interpreta fino in fondo la parte del paladino della pulizia leghista. In procura ci va lui. Senza aspettare di essere convocato. Insieme al nuovo tesoriere Stefano Stefani e al sindaco di Varese Attilio Fontana, ieri si è presentato al palazzo di Giustizia di Milano per «collaborare» con i magistrati che hanno messo sotto scacco il partito di cui l’ex ministro è uno dei principali dirigenti da sempre. Se c’era, dormiva,
«Si tratta di una visita di cortesia che abbiamo chiesto noi – ha dichiarato Maroni dopo l’incontro con il pm Alfredo Robledo – abbiamo ringraziato il procuratore di averci concesso questi minuti per dire che siamo a completa disposizione per l’inchiesta. Non vogliamo nascondere nulla, anzi. Il procuratore ha detto che ci farà avere un elenco di documenti che a loro servono e che noi daremo immediatamente. È nostro interesse accertare la verità e eventuali responsabilità ».
Maroni tenta addirittura di far passare la Lega come parte lesa e annuncia: «Siamo pronti a costituirci parte civile». Ma la tardiva capatina dagli inquirenti avviene quando ormai il bubbone è scoppiato e ha travolto il partito. Maroni da una lato ha cavalcato la bufera per spazzare via le «mele marce del cerchio magico» che a gennaio lo volevano fare fuori. Dall’altro deve tenere insieme i vari pezzi del movimento – «siamo tutti barbari sognanti», sogna – e deve allo stesso tempo salvare se stesso e la Lega dalle inchieste che ogni minuto rivelano nuovi dettagli. E’ un gioco pericoloso e difficile da sostenere. Tanto più che Maroni non ha ancora la forza di archiviare l’era di Bossi. «Quello che ci ha dato fastidio – ha detto anche ieri – è la sensazione che qualcuno abbia approfittato della buona fede di Umberto Bossi per interessi personali». E non importa se l’ex capo continua a parlare di un complotto dei servizi segreti per distruggere la Lega.
La stretta via del rilancio leghista è in cerca di uno stretto passaggio percorribile tra un passato remoto glorioso, un presente impresentabile e un futuro ancora troppo incerto. Quindi meglio agire d’anticipo, per quanto è ancora possibile, e tentare di prevenire gli inevitabili sviluppi delle inchieste prima che ci pensi la legge o, magari, prima che parli ancora l’ex tesoriere Francesco Belsito che insiste nel dire che in Lega tutti sapevano. «Il versante giudiziario ci interessa poco – rilancia Maroni – Questa indagine ha svelato una violazione del nostro codice etico che per noi è altrettanto importante del rispetto delle leggi. Noi vantiamo la nostra diversità rispetto a questo. I militanti faticano a tenere aperte le sedi, non sopportano che i soldi della Lega siano stati mandati in Tanzania».
Ieri sono iniziate a circolare notizie più circostanziate sul contenuto della famosa cartella «The family» sequestrata negli uffici romani dell’ex tesoriere. Cominciano a trapelare dettagli sulle multe rimborsate al Trota e sulle spese mediche sostenute per Bossi senior e per la casa di Gemonio. Adesso le procure che indagano sono cinque. Dopo Bologna, anche la procura di Reggio Emilia ha iscritto quattro persone nel registo del indagati. A Genova, invece, si indaga sui soldi che Belsito avrebbe versato a un dirigente locale per un posto in Fincantieri.
L’altro modo per rifarsi una verginità è parlare male degli altri. E i leghisti su questo versante non faticano a trovare infiniti spunti. Al governatore del Piemonte, Roberto Cota, ieri è bastato ricordare a Pierluigi Bersani che «Lusi è un senatore del Pd». Solo così la Lega ridiventa un partito come tutti gli altri e Maroni può esercitarsi nello sport preferito dai politici penitenti: disquisire sullo scandalo del finanziamento pubblico ai partiti. «Penso che si debba procedere come si fa con le associazioni di volontariato e cioè con l’autofinanziamento o il 5 per mille – è l’opinione di Maroni – ma è giusto garantire ai gruppi parlamentari le risorse necessarie affinché svolgano bene il loro lavoro».
Oggi in via Bellerio la «pulizia» continua. E’ in programma il consiglio federale delle epurazioni. Il capro espiatorio designato è il vice-presidente del Senato Rosi Mauro. E’ la legge del contrappasso: i leghisti che invocavano le espulsioni degli stranieri, finiscono per espellere se stessi dal partito.
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