by Editore | 5 Aprile 2012 12:02
E ancora target 2012 confermati, «serenità » sul futuro e una minaccia che da sola potrebbe equivalere a rimangiarsi tutte le cose precedenti: uscire da Confindustria, ha detto l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler all’assemblea degli azionisti, è stato fatto per «ottenere la necessaria libertà contrattuale di trattare direttamente con i sindacati e concordare insieme una serie di condizioni che ci permettano di ricomporre la capacità di competere dell’industria dell’auto italiana. Chi ci ostacola è responsabile delle conseguenze». Un messaggio diretto alla Fiom e indiretto alla magistratura che in diversi casi ha dato ragione al sindacato e non all’azienda. Da tradurre: se molla l’Italia, la colpa non sarà sua.
Marchionne ha confermato gli obiettivi, a fronte di un mercato italiano ed europeo che per il gruppo si sta facendo sempre più drammatico. Per il 2012 sono previsti ricavi superiori ai 77 miliardi e un utile netto tra 1,2 e 1,5 miliardi euro, un utile della gestione ordinaria fra 3,8 e 4,5 miliardi di euro e un indebitamento netto industriale tra 5,5 e 6 miliardi di euro. Nessuna notizia sullo slittamento dei nuovi prodotti, salvo parlare di quelli destinati a essere costruiti all’estero: «La prima vettura in Russia» nata dal recente accordo con un partner locale si vedrà nel 2014 (sarà una Jeep), a metà 2012 nascerà invece una Fiat in Cina, per una produzione a regime di 170.000 unità all’anno. Guardando all’America da dove vengono grandi soddisfazioni di mercato, Marchionne ha detto che nel corso dell’anno la Fiat potrebbe acquisire un ulteriore 3,2% di Chrysler passando al 61,8 per cento. Grazie proprio alla Chrysler, ha aggiunto l’ad, il gruppo affronta «le oscillazioni di mercato con serenità . Abbiamo posto rimedio all’eccessiva dipendenza dall’Europa. La parte più forte del sistema lavora per sostenere la parte più debole». Gli stabilimenti Fiat in Italia, per sopravvivere, dovranno esportare parte della produzione in America, mentre è in Asia che Marchionne continua a cercare un terzo partner, credibilmente uno tra Suzuki, Mazda o Geely-Volvo.
Poi ancora moniti. «Pretendere che le scelte della Fiat vengano fatte solo in ottica italiana è una visione ristretta e pericolosa», ha detto Marchionne, citando Mario Monti quando dice che «un’azienda come la Fiat ha il diritto di decidere dove investire». Infine l’attacco agli «antagonisti» e a tutto ciò per cui molti di loro si battono: «Dobbiamo passare dalla cultura dei diritti al recupero di un sano senso del dovere. Non si può più pretendere di avere senza dare». Tra le «pretese», Marchionne ha messo insieme «il diritto al posto fisso, al salario garantito e al lavoro sotto casa» con «il diritto a urlare e sfilare». Insomma, troppa democrazia. Ma un po’ ne entra al Lingotto: due donne nel cda della Fiat spa, prima volta.
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