«Scala e Brera, identica autonomia»

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Il governo dei tecnici sta privatizzando la cultura? «Calma, il processo appena avviato alla Scala — la riconosciuta autonomia del Teatro — non va in alcun modo confuso con una privatizzazione». E allora di cosa si tratta? «Vogliamo chiamare a raccolta le forze migliori di Milano. Partendo dalla Scala, arrivando alla Grande Brera». Lorenzo Ornaghi, ministro per i Beni culturali, rivela il suo progetto poche ore dopo l’approvazione dell’autonomia per il Teatro alla Scala: «Fare della cultura il modello di un nuovo sviluppo per il Paese». Con una città  laboratorio: Milano.
Qual è la strada tracciata per il futuro della Scala?
«Sarà  un avamposto di collaborazione tra Stato e privato».
Più in concreto?
«Il sovrintendente avrà  più spazio di azione e maggiore responsabilità , in accordo con il consiglio di amministrazione».
Il Cda resta lo stesso?
«No, i componenti diventeranno 11. Si dà  rappresentanza a enti privati».
Il ministero vigilerà  su questo Cda?
«Nominerà  due componenti».
Ha già  in mente qualche nome per questo ruolo?
«Penso a persone, magari non note al vasto pubblico, capaci di assicurare — a fianco della Presidenza — l’impegno gratuito, generoso e costante che la Scala richiede».
Che clima ha trovato a Milano durante il convegno di lunedì organizzato dalla Cgil sul futuro dello spettacolo?
«Si percepisce la grande voglia di superare le difficoltà , con la consapevolezza che la situazione è difficile per tutti».
La nuova Scala sarà  più attenta ai conti?
«Ogni autonomia è tale in quanto accresce la responsabilità  di chi la esercita».
Professore, questa della Scala è stata una sua battaglia?
«Ho condiviso e sostenuto l’impegno dei milanesi che volevano raggiungere questo obiettivo. In questo senso il Cda in scadenza ha lavorato molto bene». 
A proposito di Milano, qualcuno le rimprovera di avere un occhio di riguardo per la sua città .
«Diciamo che da parte mia c’è stata attenzione a due grandi temi sì milanesi, ma che hanno un riflesso sull’intero sistema culturale italiano: la Scala e la Grande Brera».
Chi sono i suoi «alleati» su questa strada?
«Su Brera ho avuto il sostegno convinto ed efficace del ministro Corrado Passera oltre che, naturalmente, del presidente Monti. I fondi stanziati dal Cipe sono un segno concreto del fatto che si è avviato un progetto importante. Ora bisogna capire quanto Milano e il suo privato sociale intendano parteciparvi».
Cosa si aspetta?
«C’è già  la promessa della Fondazione Cariplo e nutro la ragionata speranza che di questa avventura faccia parte la Camera di Commercio: la sua storia di impegno per la città  parla chiaro».
Quali saranno i prossimi passaggi per la Grande Brera?
«Bisogna trovare lo strumento più idoneo — pensiamo a una fondazione — per dare a Brera la stessa autonomia di cui gode la Scala. Sarà  la fondazione a richiamare i soggetti interessati. Milano diventerebbe così il centro della collaborazione tra Stato e privato sociale. Anche in vista di Expo e di quello che di vitale e durevole rimarrà  dopo il 2015».
Due eccellenze, Scala e Brera, avviate sullo stesso cammino?
«Assolutamente sì, grazie al fatto che gli attori della vita civile milanese stanno dimostrando la volontà  di un grande slancio innovativo».
Anche in un momento difficile come questo?
«La percezione è che la situazione sia pesante e destinata a durare più del previsto. Ma siamo certi che nulla di domani potrà  essere la replica di quello che è stato sino a oggi. Di questo Milano sta acquistando consapevolezza. E ora, fuori da ogni retorica, è il momento di dimostrare davvero questo coraggio ambrosiano». 
A che scopo?
«Fare della cultura l’elemento costitutivo di un diverso, più giusto ed efficace modello di sviluppo per l’Italia e per l’Europa».


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