Lombardia, indagato Podestà  “Firme false per Formigoni”

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MILANO – Un’altra nube giudiziaria si addensa intorno a Roberto Formigoni. È lo stralcio di un’inchiesta che vedeva già  coinvolti quindici tra esponenti e funzionari del Pdl lombardo (tra i quali quattro consiglieri provinciali) per le 926 firme false raccolte per il governatore alle elezioni regionali del 2010. Ora nel registro degli indagati è finito Guido Podestà , il presidente della Provincia, con l’accusa di essere nientemeno che il «promotore» dell’attività  di raccolta di autografi poi disconosciuti dagli pseudo-sottoscrittori.

A dar notizia della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini nel suo sito personale è stato – in modo asettico, senza far commenti – lo stesso numero due del Pdl in Lombardia.

Proprio nel giorno in cui si fa frenetica l’attività  dei pm su un altro versante che chiama in causa il numero uno e in particolare il suo entourage. Per l’indagine sulla distrazione dei 70 milioni di euro della fondazione Maugeri – nella quale sono in carcere i due amici di Formigoni Pierangelo Daccò e Antonio Simone – ieri sono stati interrogati, ancora una volta, il professor Umberto Maugeri, presidente della formazione, e il direttore amministrativo Costantino Passerino. Quest’ultimo è stato sentito direttamente dal procuratore aggiunto Francesco Greco, che coordina le indagini dei pm Luigi Orsi, Antonio Pastore, Laura Pedio e Gaetano Ruta.

Due giorni fa è stato sentito anche un fiduciario svizzero. Gli interrogatori, insomma, si susseguono con ritmo frenetico e tutto fa pensare a nuovi sviluppi in arrivo. Intanto, la Fondazione – che per il momento ha deciso di non rendere noti i bilanci degli ultimi anni, quelli in cui ha affidato le consulenze a Daccò – ha incaricato la società  PricewaterhouseCoopers di svolgere tutte le procedure di revisione contabile del suo bilancio di esercizio dell’anno 2011.

Ad accusare Podestà , invece, è Clotilde Strada, segretaria della consigliera regionale Nicole Minetti ma all’epoca dei fatti vice responsabile della campagna elettorale in Lombardia. Su Strada, una dei quindici indagati nell’inchiesta sulle firme false, i big del partito, compreso Podestà , avevano dirottato il grosso delle responsabilità  per i brogli nella raccolta delle sottoscrizioni, avvenute in tutta fretta proprio per consentire l’inserimento nel listino della Minetti. Ma Strada ha fatto mettere a verbale che «per quanto atteneva di coordinare i certificatori per la raccolta delle firme tale compito fu gestito direttamente da Podestà ». Smentendo le dichiarazioni di quest’ultimo: «Non mi sono mai occupato in alcun modo della raccolta delle firme». E le contestazioni della funzionaria, secondo il procuratore aggiunto Alfredo Robledo, sono state confermate dai riscontri.

«Le liste non le compilavo io», ha ribadito ieri su facebook Podestà . Il suo avvocato è Gaetano Pecorella, che assicura: «Dimostreremo senza dubbio la sua innocenza». Formigoni – che proprio per aver attribuito ai Radicali i brogli di cui sono accusati i suoi sostenitori è sotto processo per diffamazione aggravata – si mostra «sorpreso» e dice di essere «sicuro che le successive fasi di approfondimento e dibattimento chiariranno l’insussistenza di ogni sostanza di reato». Ma per Giuseppe Civatie Luca Gaffuri, del Pd, il coinvolgimento di Podestà  è «l’ennesima botta per Formigoni. Le firme lo perseguitano fin dall’inizio della legislatura, e la chiusura delle indagini, che coinvolge direttamente il leader locale del Pdl, coincide con il momento peggiore per il presidente della Regione». Anche per Stefano Zamponi, dell’Italia dei valori, «il castello di falsità  su cui Formigoni ha costruito la sua lista sta crolFOTO: IMAGOECONOMICA lando. Deve rassegnare al più presto le sue dimissioni». E Giuseppe Rossodivita, dei Radicali – che per primi hanno presentato in procura la documentazione che provava la raccolta delle firme fasulle – annuncia: «Ci costituiremo senz’altro parte civile nel processo che speriamo presto si celebrerà  per Podestà  e per gli altri autenticatori.

Dai fatti sono trascorsi due anni.

Ci impegneremo per evitare la prescrizione».


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«Questi magistrati lavorano contro il Paese» . Mancano pochi minuti all’una quando il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, esce dal Tribunale, afferra il microfono, si rivolge ai suoi sostenitori che lo attendono da quattro ore in via Freguglia e attacca il suo show anti-pm. Non ci sono predellini. Non servono. La scena è già  da film. Il Palazzo di Giustizia a pochi metri.

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