LO STOICISMO LIBERISTA

by Editore | 23 Aprile 2012 2:00

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Con questa commossa affermazione il nostro (sobrio) premier ci ha aperto inediti orizzonti e ha dato vita a una nuova scuola di pensiero che dai posteri sarà  ricordata come «stoicismo liberista» o «monetarismo stoico». Non solo, ma Monti ha indicato il nuovo ideale umano, quello del «povero ma dignitoso»: imparino gli europei a tirare la cinghia con quella sobria eleganza che distingue il made in Italy: lo stile nel dolore indispensabile per conseguire il pareggio di bilancio.
Tra le riforme che il governo sta varando per evitare all’Italia il destino della Grecia, proponiamo che tra le materie scolastiche obbligatorie venga inserita una nuova disciplina: come un tempo alle bambine s’insegnava economia domestica e arte del cucito, così oggi ai nostri figli e nipoti andrebbe dispensato un «corso triennale in privazioni salariali» con esercitazioni pratiche di digiuno creditizio e seminari di «sopravvivenza in condizioni estreme di debito». (Anche gli adulti potrebbero seguire con profitto corsi serali di recupero dello spread). Ma noi italiani non avevamo ancora finito di congratularci per questo «segno di maturità  e responsabilità  che il nostro paese sta continuando a dare» (Monti dixit), che ieri Elsa Fornero ha raccolto il guanto della sfida filosofica e a Torino ha controbattuto: «In questo Paese c’è poco spirito costruttivo, ma anziché lamentarsi e protestare bisogna lavorare insieme. Forse ne avremmo tutti qualche beneficio». CONTINUA|PAGINA4 La nostra ministra del Lavoro contesta cioè ogni fondamento empirico al montiano stoicismo liberista: noi italiani non soffriamo affatto stringendo i denti, ma anzi mugugniamo, gemiamo, piagnucoliamo, addirittura ci lasciamo andare a scomposte proteste, insultiamo, dimostriamo, tiriamo persino uova marce, come ieri. Ma, obiezione teorica ancora più importante, Fornero vede la soluzione ai nostri problemi non nell’imperturbabilità  stoica, ma nella pratica catartica del lavoro: solo il sudare insieme ci potrà  redimere, anzi rendere liberi, nella tradizione umanistica che si era espressa nel nobile motto «Arbeit macht frei» che segnava l’ingresso di comunità  disinfettate dal nefasto articolo 18.
C’è da chiedersi in che mondo vivono questi signori in cui il posto fisso è «una noia» e i ragazzi non possono andarsene di casa perché sono «bamboccioni». E chiedere a Fornero come farebbero mai gli esodati a «lavorare insieme» e dove diavolo troverebbe lavoro il 30% e passa di disoccupati giovani. E ricordare a Monti che nell’antichità  l’epilogo stoico era il suicidio, e chiedergli se tra gli esempi che l’Italia dà  al mondo c’è anche quello dei 24 imprenditori che si sono tolti la vita a causa della crisi.
E ricordare quei bei tempi andati in cui la nostra società  era vituperata per il suo «edonismo consumistico». A parità  di economia neo-ellenistica, a noi basterebbe una modesta dose di «epicureismo keynesiano».

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