Lo slalom di Sarkozy e Hollande tra politica fiscale e tagli alla spesa
Colpa del rigetto della politica, di una campagna vissuta sul web e alla tv, a parte qualche raduno di militanti, e di una maratona sfibrante, che terminerà a giugno, con le legislative. Un quarto dell’elettorato è indeciso o si astiene, il che mette anche in dubbio l’attendibilità dei sondaggi, costantemente a favore del socialista Franà§ois Hollande.
Strano Paese, la Francia. Oltre a indecisi, assenti e dispersi su candidati improbabili, circa il 15 per cento sostiene il Fronte Nazionale di Marine Le Pen (estrema destra) e un altro 15 per cento il Front de gauche di Jean-Luc Mélenchon (estrema sinistra): in pratica, un terzo di votanti (in maggioranza giovani) esprimerà un voto anti-sistema, a sostegno di illusorie soluzioni radicali o autarchiche, che seducono elettori in crisi di fiducia, timorosi di fronte alla globalizzazione, euroscettici, al fondo conservatori dei vantaggi di uno Stato costoso, ma protettore. Il voto di contestazione condiziona i due principali sfidanti — il presidente Sarkozy e Hollande — costretti a pescare in questi serbatoi i voti per conquistare la maggioranza.
Strano Paese, la Francia. La crisi di sistema (deficit dello Stato, debito pubblico, deficit della bilancia dei pagamenti, disoccupazione, costo dell’apparato e dei servizi sociali) è un’evidenza. Eppure, una parte nega il baratro o ne addossa la responsabilità all’Europa o al «pensiero unico» della finanza e della stampa anglosassone, «la Pravda dell’economia». Una parte ne ha vaga coscienza, ma spera che a pagarne il prezzo siano genericamente «altri»: ricchi, burocrati, scansafatiche, proprietari, assistiti, oppure immigrati, clandestini, musulmani, i capri espiatori del momento. Un’altra parte ritiene di vivere nel migliore dei mondi possibile e spera che siano gli altri a copiarlo. Strano Paese, la Francia: record di vacanze e ansiolitici, di produttività e statalismo.
Sarkozy e Hollande hanno in verità cominciato a spiegare che il modello non è più «sostenibile», ma restano convinti che sia il più progredito, il più solidale, il più giusto. Almeno per i francesi che non vivono nelle banlieu. Il realismo degli sfidanti è timido e tardivo. Si parla di risanamento, mai di rigore e austerità . Sarkozy sostiene che la Francia sia stata toccata dalla crisi meno di altri. Hollande che il Paese piange per colpa di politiche sbagliate che lui cambierà , magari tornando alla pensione a sessant’anni. Ma in gioco resta la difesa del modello.
I programmi divergono sul rapporto tagli/tasse, la premessa di ogni soluzione. I tagli di Sarkozy potrebbero rivelarsi dolorosi e osteggiati più delle tasse di Hollande. E viceversa. La polemica ha incollato a Hollande l’etichetta di «uomo delle tasse» e a Sarkozy quella di «presidente dei ricchi». Alla fine saranno paura del Fisco e ansia giustizialista a fare la differenza, senza alcuna certezza su ipotesi di maggiore crescita, messa nel conto da entrambi per dare, al ribasso, la misura dei sacrifici.
Sarkozy deve far dimenticare eccessive disinvolture personali e vincere l’azzardo di un’operazione verità che non spaventi troppo lo strano Paese, già refrattario alle riforme messe in cantiere nel quinquennato.
Hollande deve superare diffidenze nel suo partito e nell’establishment economico. Il primo lo considera una «riserva», messa in campo dopo lo scandalo Strauss-Kahn. Il secondo, un funzionario che non è mai stato nemmeno ministro.
Il problema di Sarkozy è il passato. Il problema di Hollande è il futuro: riuscire a far credere che la sinistra francese abbia messo in soffitta massimalismo e chiusure corporative, senza fare troppe concessioni all’estrema sinistra. Ma ha già promesso di non ratificare il fiscal-compact europeo e dice che la socialdemocrazia francese non prenderà ad esempio quella tedesca.
Strano Paese, la Francia. La sfida dell’Eliseo condiziona il futuro dell’Europa, ma nessuno guarda fuori dalla finestra. Le soluzioni, efficaci o meno, saranno comunque «alla francese».
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