by Editore | 4 Aprile 2012 6:47
ROMA — C’è un uomo che secondo i magistrati rappresenta l’anello di congiunzione tra il tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito e la ‘ndrangheta. Si chiama Romolo Girardelli, ma per tutti è «l’ammiraglio». È genovese, ha 53 anni. Nel 2002 finì sotto inchiesta con Paolo Martino e Antonio Vittorio Canale «soggetti al vertice della cosca De Stefano di Reggio Calabria». L’accusa era di associazione a delinquere di stampo mafioso «per aver messo a disposizione del clan le proprie competenze finalizzate — oltre che a fornire supporto logistico alla latitanza di Salvatore Fazzalari, esponente di spicco della ‘ndrangheta calabrese attraverso la messa a disposizione di somme di denaro — alla negoziazione, allo sconto ovvero alla monetizzazione di “strumenti finanziari atipici” di illecita provenienza». Dunque, un procacciatore d’affari per la criminalità organizzata. Proprio il ruolo che svolgeva anche per Belsito, al quale risulta legato da almeno dieci anni. Era tanto stretto il loro rapporto che alla fine decisero di mettersi in società e crearono la «Effebiimmobiliare» con sede a Genova, che si occupa di mediazioni nel settore immobiliare e commerciale, ma anche di consulenza e amministrazione di stabili. Insieme procuravano commesse alle società dell’imprenditore Stefano Bonet — che oltre ai guadagni otteneva anche i crediti d’imposta — e poi reinvestivano i soldi. E dunque, come sottolineano i magistrati di Reggio Calabria «l’ufficio genovese della Polare Scart e affidato a Girardelli è stato aperto al fine di sfruttare l’operatività del gruppo riconducibile a Belsito per accaparrarsi commesse da parte delle più grandi realtà societarie genovesi, in particolare Fincantieri — del quale Belsito era consigliere di amministrazione — e Grandi Navi Veloci».
«Il mio socio è
il sottosegretario»
I magistrati reggini arrivano al tesoriere leghista indagando sulle attività di Girardelli ma anche dell’avvocato Bruno Mafrici, calabrese con studio a Milano, che cura la parte legale e i ricorsi amministrativi relativi a questi affari. E così motivano il provvedimento di perquisizione: «Ampiamente accertata appare la presenza di un gruppo di soggetti, variamente inseriti in contesti imprenditoriali, professionali ed istituzionali — in cui operano Stefano Bonet, Paolo Scala, Francesco Belsito e Bruno Mafrici — dipendenti o collegati alla figura di Girardelli. Si ritiene sostanzialmente certa l’esistenza e l’operatività di un gruppo di soggetti protagonisti di un complesso sistema di “esterovestizione” e di “filtrazione”, e quindi di riciclaggio o reimpiego, di capitali di provenienza illecita, almeno in parte verosimilmente riconducibili alle attività criminali poste in essere dalla cosca De Stefano a cui il Girardelli risulta collegato sulla base di pregressi accertamenti».
Per evidenziare il legame tra Girardelli e Belsito gli inquirenti allegano il brogliaccio di un’intercettazione telefonica del 10 settembre scorso tra lo stesso Girardelli e una donna durante la quale lui racconta le proprie mansioni nell’impresa di Bonet: «Girardelli dice che è stato assunto da quel gruppo di San Donà del Piave che gli hanno fatto un contratto come manager perché gli ha portato due risultati che non si aspettavano e hanno aperto uno “sportello” a Genova nei suoi uffici e lo hanno nominato reggente… La donna chiede se è stata una cosa improvvisa, lui dice che è stata una promozione per il risultato ottenuto anche perché lui non voleva essere contrattualizzato ma gli hanno fatto un contratto importante e poi ha avuto dei risultati importanti… poi fa un accenno al suo socio che è il sottosegretario» (Belsito ha ricoperto l’incarico dal febbraio 2010 al novembre 2011).
I soldi, gli orologi
e il Sol Levante
Fino all’autunno scorso i rapporti tra Belsito e Girardelli appaiono idilliaci. I due si parlano spesso al telefono, pianificano gli incontri per ottenere i lavori. Ma alla fine dell’anno c’è uno scontro violento. Al centro della disputa proprio le elargizioni che sarebbero arrivate da Bonet, che i due chiamano «lo shampato», e dall’avvocato Mafrici. Accade il 23 dicembre scorso. E così è raccontato nel brogliaccio: «Litigano al telefono e si insultano reciprocamente con particolare riferimento alle scorrettezze sul piano del lavoro. Girardelli gli esterna la sua rabbia per il comportamento tenuto da Belsito in questi dieci anni di collaborazione … l’avvocato ti ha regalato gli orologi e non me ne hai dato neanche mezzo a me e i soldi che ti sei pigliato da shampato … se vuoi te li faccio vedere i numeri e poi ti faccio vedere pure le quote del Sol Levante». Il riferimento è allo «stabilimento balneare più bello della Liguria» che il tesoriere della Lega risulta aver preso in gestione grazie al denaro ricevuto da Bonet. È scritto ancora nel brogliaccio della telefonata: «Belsito nega di aver preso gli orologi da Bruno e i soldi da shampato mentre sulle quote del Sol Levante dice che è roba sua… i finanziamenti li fa a nome suo. Belsito minaccia Girardelli e gli dice che gliela farà vedere lui». Al termine della telefonata Belsito sembra però essersi calmato e gli spiega che «hai preso un abbaglio».
In realtà in una telefonata del giorno dopo con un amico comune è proprio Girardelli a scagliarsi contro Belsito dicendo che «adesso farà fare tabula rasa, senza pietà , userà tutti i suoi mezzi e le sue conoscenze». I due, annotano gli investigatori «sono concordi nel dire che Belsito è bastardo dentro» e poi Girardelli aggiunge: «Lui si è abbuffato, perché si vede che sente il fiato corto e allora ha detto raschio più che posso… a un certo punto si dovrà rendere conto di quello che fa, cioè bisognerà stringerlo un attimino e dirgli: senti amico… bisognerà distruggerlo su tutti i fronti e poi andare all’attacco, prendere shampato e dirgli cosa ha messo nel piatto… una volta che shampato lo molla, lui rimane con una mano nel culo… bisognerà distruggerlo». Un mese dopo, il 23 gennaio scorso, «Bonet parla al telefono con Girardelli e gli chiede notizie di Belsito. Girardelli gli fa presente che ha subito duri attacchi all’interno del movimento, tanto da rischiare una possibile rimozione dall’incarico e un successivo commissariamento della gestione amministrativa del partito».
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