L’incontro dei partiti socialisti e democratici di tutti i continenti: «Riscriviamo il mondo»

by Editore | 20 Aprile 2012 9:31

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Se le forze progressiste non rilanciano l’obiettivo dell’unità  politica dell’Europa, se non si impegnano ad affiancare al rigore di bilancio concrete misure per la crescita, se non lavorano tutte insieme per costruire un’alternativa alle politiche delle destre, a rischiare non saranno solo i partiti ma lo stesso sistema democratico. Mentre in Aula si vota la fiducia al governo e il decreto sulla semplificazione fiscale, al primo piano di Montecitorio i vertici del Pd discutono insieme ai leader parlamentari progressisti provenienti dai cinque continenti di un argomento piuttosto ambizioso: «Rewrite the world», riscrivere il mondo.
Per tutta la giornata esponenti dei partiti socialisti, progressisti e democratici provenienti dall’Australia e dalle Americhe, dall’Asia e da quasi tutti i paesi europei hanno parlato della crisi economica in atto e di come il vecchio continente si sia mostrato non solo incapace di affrontare l’emergenza ma anche un freno per le altre democrazie.
Se è vero, come dice Rosy Bindi aprendo i lavori, che «le risposte nazionali si sono rivelate insufficienti» è anche vero, come sottolinea il responsabile Esteri del Pd Lapo Pistelli, che la «mancanza di un’unione politica in Europa» ha una rilevante responsabilità  in quanto sta avvenendo. Dice anzi Massimo D’Alema che l’Ue è «l’epicentro» di questa crisi, il «peso morto» in un mondo, in gran parte governato da forze progressiste, che si dà  da fare per andare verso una ripresa economica. Al punto che «sulla strada della rielezione di Obama c’è l’ostacolo Europa». E sta alle forze progressiste rimuoverlo. «Noi abbiamo la responsabilità  di costruire un’alternativa a questa situazione dice D’Alema qui in veste di presidente della Fondazione per gli studi progressisti europei un’alternativa, che non può che avere una dimensione europea, alle destre populiste, nazionaliste, conservatrici e monetariste, che hanno colto le paure e gli umori degli europei ma non hanno una strategia per il futuro».
Il concetto che viene sottolineato in tutti gli interventi è che la disciplina di bilancio non può da sola superare la crisi, che servono misure per la crescita e per una maggiore integrazione dell’Europa (il vicepresidente dei deputati Pd Alessandro Maran parla della necessità  di un candidato alla presidenza dell’Ue scelto da tutti i progressisti), che la finanza e in particolare chi ha speculato sulle debolezze dell’Ue deve pagare una quota per il risanamento. Tra le proposte che vengono rilanciate da un po’ tutti i leader progressisti ci sono gli Eurobond e la tassazione sulle transazioni finanziarie. Perché, come dice Pier Luigi Bersani chiudendo i lavori, «il costo della crisi non può pagarlo tutto il lavoro e il welfare, un po’ deve pagarlo la finanza».
ATTENZIONE AL POPULISMO
Il leader del Pd mette in guardia dai «populismi in cerca d’autore» presenti in Italia e pronti a speculare sul momento difficile che stiamo attraversando, e sottolinea che oggi «il tema principale è la questione economica e sociale ed è qui che i progressisti devono dire la loro e proporre ricette che diano speranza, fiducia e prospettiva».
Un punto su cui insiste in particolare D’Alema, dicendo che se i progressisti non costruiranno un’alternativa, ora che sembra che la volontà  dei mercati si sia sostituita alla volontà  popolare, «a rischiare non saranno i partiti, come potrebbe sembrare dal dibattito italiano, ma la democrazia stessa»: «Se il governo deve fare presto ciò che chiede l’economia non servono i governi, servono i tecnici». Un riferimento ai fatti di casa nostra perché, dice D’Alema «è un discorso carico di termini ambigui quello secondo cui dopo i tecnici torneranno i politici, mentre è un discorso chiaro dire che dopo l’emergenza la sinistra dovrà  andare al governo del Paese». Ma anche un ragionamento che il presidente della Feps fa guardando fuori dai confini nostrani (dice che un possibile punto di svolta può arrivare dalla vittoria in Francia di Franà§ois Hollande, «auspicato anche se non lo possono dire pure da governi conservatori che vogliono liberarsi della gabbia “Merkozy”») e guardando indietro nel tempo. Il presidente della Feps dice che hanno commesso un errore tanto le forze del socialismo tradizionale che vedevano l’integrazione europea come una minaccia al welfare costruito a livello nazionale quanto quelle che hanno creduto in una terza via e in una globalizzazione buona in sé. Dure errori fatali. «A Lisbona si è costruito un bellissimo libro dei sogni ma ci siamo dimenticati che la politica è anche gestione del potere, della forza, altrimenti diventa predicazione e allora dilaga il populismo».

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